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Milano, Biblioteca nazionale Braidense, Autografi, Aut. B._XII. 1. 1-90

data stimata

Identificatore
CNMD\0000214594
Storia del manoscritto
Data di entrata in biblioteca: 1992.05.06
Osservazioni
Acquisto B.N.B. Asta Christie's 11 marzo 1992
Camicia
Lettere di Antonio Manzoni, medico (1746-1819) a Leopoldo Marco Antonio Caldani (1725-1813) (n. 1-83) dal 1793 al 1811 e a Floriano Caldani (1772-1836) nipote, biografo e successore nella cattedra di medicina teorica e di anatomia a Padova (n. 84-90) 1817 dal 20 gen. al 22 nov. (le lettere datate sono in ordine cronologico, quelle non datate in ordine alfabetico di incipit, senza tenere conto, nell'ordinamento, delle date stimate o desunte, che sono state loro attribuite)
Contenuti
Mittente
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Date
1793-08-03
Natura
Originale
Tipologia
lettera
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Luogo
Luogo di spedizione: Verona
Argomento
Signor P[adro]ne ed A[mico], Il fatto dei muletti reso noto colle stampe per mezzo di una lettera inderetta all'Ab. Sig.r Olivi da questo Sig. Tommaselli è caduto in tale dimenticanza fra noi, che da allora in poi non se ne parla più come cosa non avvenuta. Quello che si sa è che li due cagnolini rimasti presso il sig. Fiorio sono morti repentinamente, ed ei sospetta di veleno; e che il terzo vive ancora sano e salvo, ma cane, cane affatto, come tutti gli altri cani dell'universo. La cagnolina madre ha partorito anche quest'anno, ed osservò il sig. Fiorio aveva li novelli le med[esi]me particolarità di quelli dell'anno andato, sopre tutto gli artigli assai acuti e curvi, i quali coll'andar dei giorni sono diventati ottusi, ed hanno perduta gran parte di curvezza. Uno di questi dell'anno passato l'ho avuto in mia casa per mezzo del figlio del sig. Fiorio, il quale faceva allora con me la pratica di chirurgia: fuori degli artigli acuti e curvi, come ho detto di sopra, niente ho saputo vedervi che al cane non fosse affatto comune e ordinario. Anzi mi ricordo aver fatta sopra di essi una difficoltà, che quegli artigli mancassero di guaina, perché è nei gatti. Ora non si sa certo che da nessun altro accoppiamento con gatto e cane siasi tentato, e per ciò che ho potuto esperimentare con persone al sig. Tommaselli attinenti sembra essere senza fondamento ciò di cui ella mi chiede. Pure se saprò qualche cosa rilevare, gliela farò tosto sapere. La mi perdoni la solita mia libertà: e sia questa l'argomento del mio desiderio di vederla e abbracciarla. Chissà che una volta o l'altra non mi si dia l'occasione beata di soddisfarmi. Non ho ancora effettuata la publicazione di quella storia, perché voglio rifarla; ne ho potuto fin qui finirla, perché sono stato ammalato di colica, e di vertigini, dalle quali però adesso mi trovo libero affatto. A di lei insinuazione voglio che la cosa riesca chiara e senza equivoci. Già io nol farò, se prima Ella non la lega, e mi dica liberamente il parer suo. Io doveva raccomandarLe certo Sig. Marco Polaco Prof. Dentista della cui abilità e onoratezza, per le prove di un anno intero, che è rimasto fra noi, v'è tutta la sicurezza, ma che io non ho poi fatto parte per essere stato ammalato, e parte per mancanza di tempo. Se mai esso si presentasse in mio nome le faccia tutto il bene che può salve le dovute convenienze cogli altri Prof[essori] e sono certo che non le increscerà aversi per lui impiegato. Quello di che sopra tutto l'ho esperimentato abiliss[im]o è nel rimettere denti. Ma mi ami e mi creda il suo dev[otissim]o se[rvitore] ed amico A. Manzoni cfr. G. Olivi. Osservazioni sopra la squisitezza del senso del tatto”¦indirizzate al sig. Abate Giuseppe Tommaselli naturalista e chimico veronese.
Osservazioni
Il carteggio ha inizio il 2 agosto 1793, sotto la Repubblica veneta, che ha termine il 12 mag. 1797, con l'arrivo dei francesi. Tutte le le lettere sono scritte da Verona.
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Date
1793-11-12
Natura
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Tipologia
lettera
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Luogo
Luogo di spedizione: Verona
Argomento
Sig[nor] P[adr]one ed Amico Ho finalmente ultimata la unione di alcune osservazioni alla storia dell'iscuria a lei già nota, la quale scritta e collocata, come è adesso, mi pare di essa non dover dolersene il signor Leviani; e se se ne offende, poco mi calerebbe, avendo per parte mia usata la creanza possibile. Ho impegnata la Dama Decana e la sorella sua N. D. Carminati, perché mi ottengano dall'Ecc[ellentissim]o Fratello Sig. Zaccaria (1) la permissione della dedicatoria e me la fanno sperare al finir del mese al di lui ritorno in Venezia, di che io sarò tosto avvisato. Ora si potrà da lei avere la grazia della rimissione del picciolo scartafaccio? Se non mi nega il favore, per di lei maggior comodo, giacché tanto l'è grave il mio carattere, el farò trascrivere, lo spederò subito a condizione però che mi dica sopra di esso liberamente il suo sentimento non solo, ma le faccia ove le pare tutte le correzioni che ella crede. Intanto continui ad amarmi, e sia certo di eguale corrispondenza. Le vo dire di passaggio, come fra noi il sig. Tuvenel (2) medico, chimico, mineralogista ora è in voga quasi al furore; li nostri nobili lo tengono quasi per cosa divina. Io però coi più saggi sono in osservazione ed aspetto prima dire, qual ei si mostri coi suoi prodigi. Intanto mi creda Dev[otissim]o S[ervitore] ed Amico Manzoni (1) Zaccaria Vallaresso cfr. Observationes pathologicae. Auctore Antonio Manzoni Veronae, typis haeredum Marci Moroni, 1795 (2) Pierre Thouvenel. Traité sur le climat d'Italie considéré sous ses rapports phisiques, météorologiques et medicinaux”¦ Vérone, impr. De Giuliari , 1797, v. 3 -8° ritr. Recueil de Memoires concernant l'electricité organique et l'electricité minerale. Brescia 1792 Trasunto di confabulazioni e scritti del signor Thouvenel relativo alle quistioni presenti fra gli Stahliani e i Neochimici [Padua, 1790] -8°
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Date
1795-04-04
Natura
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Tipologia
lettera
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Luogo di spedizione: Verona
Argomento
Verona, 4 apr. 1795 Sig[nor] Amico e P[ad]ron[e] Questa mattina ho ricevuto il manoscritto colle correzioni, delle quali ne farò il debito uso, e la ringrazio moltissimo. Se avessi potuto leggere la copia, forse avrebbe ella trovati meno errori. Ma io ero impegnato in un affare di professione, ove trattavasi della vita di una Signora per emorragia in conseguenza di un aborto, essendovi rimasta nell'utero, la placenta. Io però potei salvarla, farele la estrazione. Mi rincresce il sentire ch'ella soffre di ottalmia; ma mi compiaccio del maggioramento. Anche fra noi domina cotal male; io non ce l'ho trovata meglio che colle mignate applicate dietro alle orecchie, e col lavacro dell'acqua dei fiori di malva. Anche a me malissimo è riuscita l'acqua vegeto minerale usata in un Cavaliere; ad esso pure si è aumentato il rossore, ed il dolore degli occhi e sonosi intumidite le palpebre. L'amico nostro Sig. Targa, che si trovava da me nel momento che mi fu reccato il manoscritto, avendogli io data da leggere la di lei lettera, accolsi dalla stessa i di lei saluti ed abbracciamenti. Si trovava da me, essendo io obbligato a letto per febbre di costipazione. Mi sorprende come fino a Padova siano giunte copia del consulto Marioni scritta dal sig. Touvenel. Io mi credea che lo strepito non fosse esito dalle nostre mura; ma io veggio che l'orgasmo di alcuni ci ha impannato le ali onde scorra velocemente le contrade di Italia. Se ella sapesse la storia veridica di quel male e come fu non so se per malizia o per ignoranza deformata, vedrebbe il rosso cangiato in nero. Io per altro ho avuto il coraggio di dire all'infermo Cavaliere, che quella storia non è veridica; e in conseguenza che io non ammetto la deduzione, che se ne tragono. Per modo di esempio si afferma nella storia del sig. Touvenel la prostata che dura che era, essere divenuta molle e pastosa, ma io sostengo che la stessa presentemente è dura e gonfia come era prima; e che se si poneano fin dal principio del male ragionevolmente da vizio di essa, sospettare come dipendenti i mali della vescica per la stessa ragione gli sospetto da essa prostata dipendensi anche addesso. L'argomento della sifilide preso dalla inutilità delle frizioni mercuriali, è certamente un argomento falso, com'ella mi scrive perché non bastano tallora a vincere questo veleno due o tre cure mercuriali; e non è raro il caso che non si possa per questo mezzo vincere; ne per ciò si conchiude che non esistesse la colica virulenza. Mi è sembrata una immaginazione ove si afferma esserci col catetere riconosciute le varici, le pieghe e la struttura alterata della vescica, e ciò medesimamente al Cavaliere infermo ho avuto l'animo di affermargli in faccia. Mi sono dispensato di dire cosa alcuna intorno alla cura, la quale sembrandomi e nuova e strana ho voluto che il tempo sia il vero giudice del di lei valore e convenevolezza. Ella dice benissimo, noi siamo tanti poveri ignoranti, de' quali, confesso, io sono il principe. Dopo tanti studi che ho fatti sopra i mali della vescica e della prostata convien che io dica di non avere imparato un jota. Voglio far brucciare per mano del carnefice tutti i miei libri, e le mie osservazioni Patologiche, e se mi resta più voglia di fare il chirurgo dovrò calcare una nuova strada e cercare un nuovo liceo? Ma basta, perché duole la testa e questo è un fatto incontrastabile. È un tristo servigio una lettera così lunga per uno che travaglia degli occhi; ma ella ha toccata una corda che mi convelle. Mi ami, ad accetti il cordial desiderio che io sento per la di lei salute, e per il suo bene e per il bene della nostra Italia infestata dai falsi Dottori e dalle eretiche Dottrine. Auguro la alleluja; ma io non potrò mangiare ne le paparelle ne l'agnello. La ringrazio di tutto; e le sono con tutto l'animo Devot[issimo] Obligat[issimo] Servid[ore] ad Amico Ant[oni]o Manzoni Se non le dispiace mi prevalerò e farò pubblico la notizia ch'ella mi ha data della scarificazione delle tonsille usata 45 anni sono, e da lei veduta da Pietro Paulo Molinelli . Se non veggio risposta, s'intende si
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Date
1795-04-11
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lettera
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Luogo di spedizione: Verona
Argomento
Verona, 11 aprile 1795 Sig[nor] Leopoldo Amico e Padrone, Due cose importanti mi sono fuggite nell'ultima mia. L'una è che il Sig.Targa concambia ai di lei cordiali saluti; l'altra poi è un quisito intorno l'inoculazione; cioè se questa si possa liberamente e senza sospetto di pericolo alcuno eseguire in quei bambini, che sono andati esenti dai morbilli, singolarmente non essendo affatto estinta l'epidemia morbillosa. Io non dubito di questa grazia. Certamente la dimenticanza è nata dall'orgasmo natomi nel sentirmi nominare quel cotal consulto Touveneliano. Io lo ripeto si potrebbe dimostrare a tutta evidenza che esso è pieno di falsità, di malignità, d'impostura, e qualche cosa di peggio; ma la prudenza concorda di astenersi da tali controversie per decoro, e bene degli onesti Prof[esso]ri e della Profess[ion]e massime quando la verità, e la giustizia sono oppresse da un partito imperito e fanatico. Ella mi dice molto a proposito che noi siamo poveri ignoranti. Questo è appunto il giudizio del sig. Touvenel dire di aver trovata la medicina ancor bambina in Italia, rimasta indietro almeno di un secolo dai progressi della francese. Dice non poche altre insolenze, ingiuriose ai medici dello stato veneto e dell'Università di Padova, della quale sono allievi. Ella che avrà avuto occasione col sud[det]to francese, ha rilevato in esso lo spirito di rivoluzione non riguardo alle cose di Stato, ma riguardo alle cose delle Scienze e delle arti? Non meno rivoluzionario mi pare il Chirurgo del C[onte] di Provenza. Quasi a dispetto che io ed il Montagna, come Chirurghi, ed il Targa, e Bongiovanni come medici, avessimo deciso di non fare la demolizione di un cancro già manifesto, di grande mole, cresciuto rapidamente, e non senza qualche istupidimento, e dolore del braccio contiguo ad una dama più che quinquagenaria, ha deciso francamente che conviene amputare, promettendo sicurezza di guarigione nei modi più enfatici. La mamella è stata amputata sono 38 giorni, la piaga si restringe assai. Il partito francese declama contro la nostra ignoranza, e si canta vittoria, non ancora cicatrizzata la piaga, che non so poi quante se ne potrano contare, ancorche affatto essa si rimarginasse. Ma intanto tutti ci opprimono e noi dobbiamo soffrire i colpi dei furiosi e degli imperiti. Chissà cosa diranno, se la Da/dama o non guarisca affatto, o guarita che sia, gli rinasca il cancro? Niente affatto a mio dire. Diranno che si è tutto tentato senza riflettere che il franzese ha impegnata la sua vita, se non guarisca. Guai a noi se avessimo così ampiamente promesso, e l'esito non corrispondesse. Perché tutto sia passato favorevolmente, bisogna esser francese. Intanto io mi sto zitto, e sto a vedere come va la faccenda. Anche del C[onte] Marioni si canta vittoria, ma conviene vedere il fine. Io mi ricordo che nel tempo dell'unzione il cavaliere ha pisciato bene senza dolore alcuno. Ha pisciato urine limpidiss[im]e e potea trattenerle senza incomodo delle ore molte per venti giorni. Ma in seguito tutto a capo. Mi perdoni tanta seccaggine ella vede donde nasce la mia prolissità. Mi ami. Si conservi sano, lo rieplico ancora, per di lei bene, e della nostra Italia oppressa dai falsi profeti. Le sono De[votissimo] Ob[ligatissimo] S[ervitore] ed A[mico] Ant[oni]o Manzoni
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Date
1795-06-10
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lettera
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Verona, 10 giu. 1795 Sig[nore] Amico e P[ad]rone L'Avvocato Campostrini si porta a Padova per far la cura delle acque Aponesi (1). Ho voluto che questo ottimo uomo, e mio amico nulla faccia, se prima non ha parlato con Lei. Dalla di lei decisione dipenderà e come e quanti bagni ei deggia fare; e come e quante acque prendere; se pure e l'una e l'altra di queste medicine convenga. Esso è da qualche anno travagliato da nefrite calcolosa, che fu presa alcuni anni sono, e medicata per colica. A me nacque sospetto di male nei reni; e fatto alle urine diligente esame, trovai in esse gli evidenti segni della sua malattia, cioè muchi e renella, e dopo alcun giorno alcun calcolo di tessitura assai fragile. Di quando in quando và soggetto a questo male, ed è assai doloroso. Non espelle calcolo per picciolo che sia, senza aver prima sofferte febbri, nausee, vomiti, dolore al lombo si crucioso che lo sfinisce. Ha prese per due o tre anni che sia, le acque acidule, ma senza frutto. Ha preso il sapone, l'acqua di calce, l'uva urica e che so io di queste cose, che si consumano. Fra noi passa per uomo che non si governi. Sarà anche vero; ma è uomo che a ben calcolare non fà strapazzi. Forse il maggior strapazzo è l'esercizio della sua Professione, in cui di frequente deve disputare. Esso nega di patire: ma io so che esercita l'Avocatura con grande genio, ed uomo fra i primi. Glielo raccomando. Non solo le dia il metodo dei bagni e delle acque, ma gli dia in iscritto ciò avrà a fare in avvenire. Il D[otto]r Targa sarà a Padova tra poco. Allora parlerà a lei per me. Forse tra poco sarò anch'io d'abbracciarla: mi ci guida il bisogno di acque ed i bagni per restituirmi in salute, se è possibile. Sono dieci mesi che sono sossopra. Se vengo, sara [sic] la mia venuta costà al fine della vegnente settimana. Se ha qualche comando, mi avvisi che le può occorrere, mi dia occasione d'impiegarmi per Lei. Felice il sig[nor] Brigadier , se il suo male è ipocondriaco. Ho inteso dal D[otto]r Targa parecchie cose, che mettono questo morbo ipocondriaco in grande dubbio. Ritorno all'Avocato. Esso vorrà farsi esaminare in letto. Bisognerà ch'ella abbi la seccatura di portarsi a lui. Le manderà a dire l'ora che potrà visitarlo. La mi ami; e la mi creda, che le sono con tutto l'animo Suo dev[otissim]o s[ervitore] ed Amico Ant[oni]o Manzoni (1) Bagni di Abano cfr. Storia della cultura veneta, v. II, p.258 e seg.
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Date
1795-08-08
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Luogo
Luogo di spedizione: Verona
Argomento
Verona, 8 agosto 1795 Sig[nore] Pad[rone] ed Amico Appena ricevute le di lei commissioni, ho subito conosciuta la difficoltà di soddisfarvi debitamente. Molti, è vero, fra noi sono gli emigrati francesi, ma per ciò che ho saputo dai nostri Sig[nori] poche sono le donne, che si risolvono di servire alle Dame italiane, e se qualche esempio vi è stato, come sò, non sono esse riuscite come si supponeva, e come si vantava sul principio del loro servire. La contessa Isotta Campagna ha presa alla custodia dell'unica sua bambina una di queste emigrate a patti e condizioni magnifiche; dopo alcuni mesi se n'è dovuta disfare precipitosamente. Così è avvenuto alla C[onte]ssa Teodora Pompei (morta l'altrieri, sebbene assistita dal medico de[l] Conte di Lilla (1), e del D[otto]r Barbieri gallico apostolo, essa, anche fattigli de' patti maggiori delle sue forze, ha dovuto repente liberarsene. Nullameno ho parlato col C[ont]e Montanari, il quale ha raccomandato l'affare al gran Limosiniere del C[ont]e sud[detto] di Lilla , uomo di buon nome e fama, informatiss[im]o di tutti li nostri emigrati, e vive presso un nostro nobile, e spera di poter favorirmi tra poco. Se vi riesce, scriverò subito, perché ella mi dia gli ordini convenienti e rispetto alle condizioni, e rispetto al modo di farle tradurre. Satis de hoc. Basti che laudi la forma della scrittura, che spero sarà letta senza telescopi e senza ajutanti. La priego di dirmi intorno ciò che le ho detto e scritto della dama Mussati in favor di mio figlio. Mi sappia dire, se essa le ha mai parlato, e cosa si possa sperare. Da essa non ho più avuta notizia alcuna. Perdoni l'incomodo. Il Targa è stato chiamato a casa Marioni dalla Marchesa Strozzi, ha avuto visite da essa, e dal C[onte] Cesare di lei fratello; è stato il consulto dalla dama Pompei or ora mancata. Mi pare già restituito ove si tentava deponerlo dai maligni. Le sono Ser[vitore] ed Amico Ant[oni]o Manzoni (1) Luigi XVIII cfr. Storia di Venezia, v. VIII, p. 220
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1796-02-01
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Luogo di spedizione: Verona
Argomento
Verona, il p[rim]o Feb[brai]o 1796 A[mico] La contessa Nogarola niente si ricorda dell'anno che gli fù fatta la cura pel suo male di utero colla cicuta; e per quanto finora ho potuto ricercare e da questo e da quello, nessuno se ne ricorda. Mi dice la stessa Nogarola, che forse me ne saprà dire il D[otto]r Bongiovanni, ma esso non è accessibile, perché da molti mesi è gravemente ammalato. Farò nuove ricerche, e se mi verrà fatto di rilevare ciò che chiedete, me ne farò tosto avvertito. Il mio figliolo mi commette di fare con voi e col sig[nor] nipote li doveri suoi e si offre di servirvi, se gli comandarete qualche cosa. Vi auguro il buon carnevale, e vi ringrazio con tutto l'animo di tutto ciò che fate pel figlio mio, che io amo più di me stesso. Sono grato ai sentimenti di affetto, che ad esso mostrate, ed esso sente eguale gratitudine. Vi auguro il buon carnevale. Aggradite la picciola cosa. Amatemi e credetemi il vostro aff[eziona]to amico A[ntonio] Manzoni
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Date
1796-02-14
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Luogo
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Argomento
Verona il 14 feb[bbrai]o 1796 A[mico] Per mezzo di mio figlio vi rimando il libretto famoso. Ve ne ringrazio. Povero Frank! Egli non potea essere più maltrattato! Ma se sono vere, come pare, che non se n'abbia a dubitare, tutte le falsificazioni del clinico ec s'è meritato lo scempio, che di lui s'è fatto. Resta a me a sapere, se sieno poi stati levati dal museo que' pezzi dei quali si volea fare il famoso funerale. Se il sapete, fatemelo sapere per mezzo del figlio. Finalmente ho rilevato che la Contessa Isotta Nogarola s'è portata a Padova circa la metà di Agosto dell'anno 1778. Vi ringrazio di ogni cosa, come ringrazio il vostro amatissimo nipote Sig. Floriano. Io vi ricordo la mia gratitudine; e il dico da vero. La sfortuna è che io sono un'[sic] uom da niente, e che non potrò mai farvi conoscere con l'evidenza il sentimento vero, che ho per entrambi. Benché sia superfluo, vi rinovo le raccomandazioni. Anzi si lagna e duole al figliolo il non poter intervenire alle preparazioni, mentre in quella tal ora conviene, ch'ei vada alla lezione di Malacarne. Se non interviene spiace al Prof[essor]e né io so come escire da questo imbroglio, perciocché per una parte mi rincrescerebbe che il Malacarne si disgustasse, ma per l'altra mi spiacerebbe che non approfittasse delle preparazioni, le quali so per esperienza quanto sieno utili. Vedete un poco se voi ci trovate la pezza. Il ragazzo non vorrebbe ad ogni patto abitare nel Collegio: si trova contento essere appresso al Conte Leonardi, e veramente non può star meglio, né per mia parte con maggior sicurezza. Ho a lui promesso di contentarlo. Adunque cessiamo dagli impegni; e dalle pratiche. Vi ringrazio di tutto. Più tosto parleremo del proposito del dottorato, se mai determinassi che ne seguisse tal via: e qual via convenisse tentare per la bonificazione dell'anno. Sed haec alias. Amatemi, come io vi amo teneramente. Addio Il vostro amico A. Manzoni
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Date
1796-03-21
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Luogo
Luogo di spedizione: Verona
Argomento
toVerona, 21 mar. 1796 A[mico] C[aro] Spedisco per mezzo di un mio amico il libretto per l'Accademia, e due copie di un altro, che vi manda il mio amico cliente in ricompensa anticipata per l'anatomia che farete a suo tempo del noto cadavere la di cui storia voi ad ogni patto volete che sia finta, ma io posso assicurarvi anche con giuramento fatto sul quinto vangelo, ch'ella è vera veriss[im]a come è vero che dello stesso cliente è il dono che vi viene del canto ... dei grilli, e la canzoneta in di lui morte. Chi sia questo donatore, il saprete leggendo il libretto, ma vò dirvi di più, ch'esso è un'onestissimo e dotto uomo, quamvis ex gesuita, retore di questo nostro seminario. Vi priego per alcuno de' vostri familiari con comodo far aver l'involto con ricapito alla Sig[no]ra Contessa Leopoldina Zeno. Sig[nor] Caldani, alto conquesto flati! Vi dico (e il dico con tutta serietà, perché sono stato capitano delle flatulenze, e lo sono ancora, sebbene giubilato) non vi lasciate sopraffare da cotesti sceleratiss[im]i impertinenti. Io non ci ho trovato meglio che il moto, e il disprezzo. Vi propongo adunque una medicina di sbalzo a Verona. O voi direte che l'aria nostra è più tosto atta a ingenerare il gas infiammabile, ma io vi posso affermare che ciò non è che per alcuni, e quelli singolarmente che hanno dei vizi di cuore, insieme petizzano in conseguenza del primo disordine, la qual cosa potrebbe in tal guisa accadere al nostro Sig. cavaliere L. Ma fuori che questi disorganizzati, gli altri tutti liberamente petizzano, mangiano e bevono bene e stanno allegramente. Orsù non vi dispiaccia il mio consiglio, e in casa tengo una camera apposta per la cura dei flatulenti. Targa ha sentito con cordoglio il vostro incomodo. Mi commette dirvi che vi solleviate dalle gravi cure e vi facciate coraggio. Già io credo presto finiti gli studi. Adunque cito a noi. E ciò il dico liberamente, con tutto l'animo, con tutto il cuore e vi abbraccierò con tutte le forze. Vi auguro le buone feste. Addio Il vostro amico Manzoni
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Date
1796-06-17
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Luogo di spedizione: Verona
Argomento
Verona il 17 giugno 1796 A[mico] C[aro] Armorum strepitus non mi defrauda del bene che il mio gratiss[im]o Casolino è solito farmi godere ogn'anno circa questi tempi, ed io secondo il costume, come è, il faccio godere al mio dolce ed amato Caldani. Veramente è grande fortuna che sia avanzato ancor qualcosa a questi nostri fabbricatori di salame, perciocche fu tale e tanta la fame di questi nostri arrabbiati ospiti galli che niente per grande che fosse parea bastare a saziarli. Ci hanno quasi lasciati in secco. Non c'è più pane e vino. Iddio ci assisti. Il mio Luigi che ha il viso sparuto come un cadavere, tanta è la tema, ch'ei prova dagli ospiti incomidi, ricorda per mio mezzo i doveri suoi si a voi che al Nipote, che salutarete in mio nome. Al resto della famiglia si intende fatti gli uffici comuni. Addio Il cielo vi preservi dalle molestie veronesi Nota manus
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Date
1796-06-28
Natura
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Tipologia
lettera
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Note al carteggio
a c. 2v indirizzo: All' Illustrissimo signor.. Leopoldo M. A. Caldani P[ubblico] P[rofessore] P[rimario] di notomia e di medicina teorica nell'Università di Padova. Padova
Luogo
Luogo di spedizione: Verona
Argomento
Verona il 28 giugno 1796 A[mico] Oggi dopo pranzo è morto il cavalier Lorgna. Maladetto male ipocondriaco! Io comincio a temere di me med[esim]o malaffetto da questo morbo. Ma io credo che nel povero Sig. dominasse un vizio di cuore, di cui fu fatto giudizio e in Padova e in Verona non dagli uomini fantastici ma da quegli che hanno studiato sul libro dei cadaveri. Bramo sapere con una sola riga tosto che sia ripartito il sig. Nipote. Io e il figlio stiamo bene. Ma temiamo qualche burrasca vicina. Tutti temono qualche gran fatto o in Verona o presso la città. Amatemi Addio Nota manus
Osservazioni
per l'abbreviazione cfr. indirizzo di lettera del Vallisnieri Aut. B. XXVI. 36: Giovan Battista Bianchi Pubblico Professore nell'Università di Torino
Mittente
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Date
1796-08-27
Natura
Originale
Tipologia
lettera
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Luogo
Luogo di spedizione: Verona
Argomento
Di Verona il 27 agosto 1796 A[mico] C[aro] Prima di tutto vi rendo tutte le grazie che posso per i favori da mio figlio ricevuti si da voi che da vostro sig[nor] nipote, il quale vi prenderete la pena di significare li sentimenti della ia vera riconoscenza: e di questo mio grato animo n'è pure compagno il figlio il quale, sebbene giovane, sente il valore e la realità (?) dei ricevuti benefizi. Io scrivo più chiaro che posso, ma temo che alcuna volta fingiate ove non comple ?, di poter intendere la mia scrittura come fu ove vi scrissi che il cielo veronese potea remediare alla vostra ippocondria, e vi esibiva (?) la camera e un letto. La qual cosa, se non fu allora da voi intesa, o non la voleste intendere, la ripeto adesso in chiare note, e vi dico, che questo autunno noi avremo un'opera di riguardo, e dovrà essere anche da voi goduta: e governerete di sbalzo in mia casa, come avrete anche il bene di essere riguardato come ospite infermiccio, ed io vi tratterò con quei riguardi che esigeranno lo stato vostro, e la vostra condizione. Io parlo da vero, ed a quest'ora faccio le mie istanze, e ve ne priego disporvi a venire. Il Conte di Lilla (1) è partito di Verona la notte dei 20 venendo il 21 alle otto circa italiane. Con esso sono partiti quelli della sua corte, e molti altri ancora signori emigrati. Ho avuto l'onore della visita del Chirurgo regio, il quale non fu da me veduto in due anni che una sola volta. È vario il parere fra noi. Alcuni dicono che è partito dalla porta S. Giorgio per Trento, alcuni altri dalla porta nuova per Mantova. Si tiene la contraria opinione per vera, e si mettono delle scommesse. Delle due qual sia la vera, non saprei dirlo. Il tempo dicifrarà il mistero. Il Sig. Franco Brunelli passando per Padova viene a noi per consigliare di un suo antico male. Gli deste il parer vostro altra volta. Non so se esso abbia usato a dovere del vostro consiglio, come non so se a dovere abbia usato di quello che gli diede l'amico nostro D[otto]r Targa. Esso è uomo che ascolta volontieri, ma non si cura di fare. A lui di ciò non convien dire, perché si sdegna. Il suo male è una disfagia: non so se organica. Io ho de' grandi sospetti. Mi pare che il suo male vada aumentandosi, e forse pochi saranno i rimedj, che potranno usarsi con speranza. Un medico non ignobile e un chirurgo pure di buona fama opinarono che il male nascesse dal prolungamento dell'ugola: credat veridicus Apollo et. Pure io rimetto la cosa al vostro giudizio. Potrebbe essere che ciò che si vede in gola di ingrossato ed infarcito sia effetto di vizi più profondi ed invisibili. Ve lo raccomando. È esso sig[nor] infermo un'[sic]ottimo uomo, onesto, e di buona pasta. Salutatemi tutte le Sig[norie] vostre a nome ancora del figlio mio, che vi bacia la mano. Addio Il vostro Manzoni (1) futuro Luigi XVIII, Versailles 1755-Parigi 1824, conte di Provenza, fratello minore di Luigi XVI cfr. Storia di Venezia, v. VIII, p. 220
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1796-11-19
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Di Verona 19 nov. 1796 A[mico] C[aro] Oggi solamente ho ricevuta la carissima vostra scritta in data dei 10. Può essere che la mia lettera la riceviate più tardi di quello che dovrebbe essere perché io temo che la partenza del corriere sarà ritardata per le due armate che ingombrano le strade postali. Io vi ringrazio della matricola, che al figlio gentilmente avete procurata, e per questa ragione su ciò io resto affatto tranquillo. So che qualche veronese si è fatto coraggio a partire, ma so che alcun altro è stato del territorio, ove si ponno tentare strade oblique, evitando le postali, nelle quali eravi pericolo. Questa mattina avea stabilita la partenza del figlio, ma non fu possibile aver cavalli, e ne ho avuto piacere, perché alcun altro ha avuto la sorte di ritrovarne; ma sono questa sera ritornati indietro da Caldiero non sò se per consiglio o per forza de'franzesi che occupano cotesto villaggio. Orsù, tosto, che fia possibile, lo manderò. Caro Caldani siamo nei grandi imbarazzi! Qui non si sente che canone e moschetto. Oggi otto una battaglia al Vago, martedì un'altra a Ronco, giovedì, e venerdì a Rivoli su l'ala sinistra dell'Adige. Le porte nostre sono armate di canone, blocata la porta del Vescovo, e di S. Giorgio, li castelli S. Felice, S. Pietro, e vechio tutti e tre armati. Cosa sia per essere lo sa iddio. Io intanto vado facendo dei tagli terribili a molti Francesi, che vengono feriti dalle battaglie. Io, vi confesso, sono inquietiss[im]o perché non vego el fine di questa burasca fieriss[im]a. Voi intanto abbiatemi a cuore, ed assicuratevi che vi sono gratiss[im]o e non lascierò di esservi since[ri]ss[im]o Amico M.
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1796-12-23
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Verona il 23 dicembre 1796 A[mico] C[aro], Non è dell'amicizia il far complimenti; ma ove si tratta di cose extrordinarie bisogna lasciar correre alla regola la sua apendice. Io vi son grato di ciò che avete fatto per il mio Luigi, allor che fu incomodato e delle vostre maggiori disposizioni ad assisterlo, se il caso, guardi Dio, lo avesse richiesto. Voi mi scrivete del pachetto diretto alle vostre Sig[nore] ma io su cio non rispondo, perché questi sono affari donneschi, dai quali per mia quiete, me ne riguardo rigorosamente. Siete solo pregato di riverirle in nome della mia famiglia, ed augurarle l'anno novello più fortunato, e più quieto del già cadente. Mi scrive il nob[ile] Serenelli, che a noi si è rivolto per le sue bambine ammalate di vomito, e per la Sig[no]ra sua madre, donna poverina soverchiamente carica di anni e afflitta da mille fistole. Io non vi raccomando queste nob[ili] inferme, perché sono mie buone Padrone e clienti, ma ve le raccomando perché sono di pasta buona, e degne dell'attenzione di ogni buon galantuomo. Oh si vi raccomando cotesto Nob[ile] Sig[nor] Bortolo, il quale ha gli aneurismi in saccoccia, le febbri maligne sempre vicine, e la morte, che ha levata l'impresa di perseguitarlo anche quando sarà al mondo di là. Voi vedete quai bisogni può avere questo misero perseguitato e lo è ingiustamente perché in verità per il suo buon cuore necesita di vivere mille anni. Non ci voleva di peggio per lui, che l'essere fuori di casa! Mi scrive però che trae conforto dall'avergli voi promesso che il trattaremo. Auspico l'anno felice, e ci voglia iddio preservare dal morbo gallico. Vi abbraccio. Addio il vostro Manzoni
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1797-07-13
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a c. 2v indirizzo: Al cittadino Leopoldo M. A. Caldani P[ubblico] P[rofessore] P[rimario] di notomia e di medicina teorica nell'Università di Padova. Padova
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Di Verona il 13 luglio 1797 A[mico] C[aro] Jeri sera trovandomi dal nostro Targa per tenerli compagnia, poiché è da qualche giorno incomodato, mi ha narrato, sicome voi siete stato chiamato con molto vostro onore, e forse anco con molto nostro interesse alla Università di Pisa. Io di ciò sono stato molto ramaricato, e lo e stato pure l'amico, considerando nella distanza una maggiore difficoltà di avere notizie di voi, e di non potervi raguagliare con lettere, e tolta affatto la speranza di poterci abracciare. Caro il mio Caldani se voi foste stato presente al nostro dialogo amichevole, io sono certo che per tenerezza vi sareste com[m]osso. Tempera la nostra doglia una sicura persuasione, che voi non risolverete, se non fatte le più mature considerazioni, e se non assicurato pienamente che la traslazione vi sarà di vero onore e interesse. Noi vi amiamo veramente, in conseguenza siamo a parte del vostro bene, e siamo in situazione di sofferire pel vostro male. Accettate i saluti, e i sentimenti del comune amico. Siate certo di me e del cuore del mio Luigi, il quale a si fatta nuova è diventato di cattivo umore. I miei saluti alla vostra famiglia a nome anco di mia famiglia. State sano Addio il vostro Manzoni
Osservazioni
Dal luglio 1797 è istituito il Governo centrale veronese, bolognese, legnaghese (lug.1797-gen. 1798), sotto il controllo delle forze francesi (1797 apr.-ott. Trattato di Campoformio). In seguito al trattato Prima dominazione austriaca (18 gen. 1798-1801 feb. Pace di Lunéville): il Veneto fino all'Adige venne ceduto da Napoleone all'Austria. Vennero ripristinate nelle province venete le autorità politico-amministrative come erano al 1° gen. 1796 per l'abbreviazione cfr. indirizzo di lettera del Vallisnieri Aut. B. XXVI. 36: Giovan Battista Bianchi Pubblico Professore nell'Università di Torino
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1797-10-31
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Verona, il 31 ottobre 1797 A[mico] C[aro] Dopo il silenzio di alcuni mesi, eccomi a voi finalmente dolciss[im]o il mio Leopoldo. Oltre a molte ragioni del non scrivervi, che adesso poco importa il dire, la maggiore fu quella di una grave, e pericolosa malattia di vescica, che mi ha travagliato per più di due mesi, e dalla quale ancora non sono affatto libero. Mi resta un'ardore al passar delle urine, sento un frequente stimolo di urinare, e la mattina le urine compariscono del colore ora del latte, ora del siero. Nulla meno posso uscire di casa e di accudire alcun poco la mia professione; il qual vantaggio di mia salute lo deggio tutto all'amico comune nostro d[otto]r Targa, il quale anche in questa occasione mi ha date le maggiori prove del suo buon cuore; spero anche mediante il buon governo dietro i consigli del buon amico di potermi ristabilire perfettamente. Per commissione del mio Luigi, che fino dal passato agosto nei primi giorni di mia malattia è partito per Firenze, dovea scrivervi e della sua partenza, che fu improvvisa, di darvi li suoi saluti, e di pregarvi, se colà avete per amico il Nannoni, che deve essere suo maestro in chirurgia, di fargli una forte raccomandazione. Non ho mai ciò per le addette ragioni eseguito, lo che però faccio adesso, pregandovi di accettare li sentimenti del figlio e di procurarmi presto bene, se pure tra noi e il Nannoni passa amicizia tale da potersi attendere buon effetto dalle fatte raccomandazioni. Vi dirò anche, che parecchie volte mi ha ricercato, se vi ho scritto, come egli mi avea incombenzato, anzi? Per non farli sapere della mia malattia, la quale però fu da lui sospettata, gli ho risposto di avervi scritto intorno a ciò, che mi aveva commesso. Del favore vi sarà egli grato, ed io gratss[im]o. Siccome poi com'immagino essere andato in fumo il progetto dell'altra cattedra ec., di ciò ho grande compiacenza, né voi forse sarete malcontento della presa risoluzione. Ho sempre di voi ricercato ed ultimamente ho potuto sapere dal C[onte] Compagna della nostra buona salute la quale per mezzo del mio casolino voglio provare a condire con sale ed aglio, parendomi in cotal guisa poter essere più sicuro della di lei sussistenza. Veramente quest'anno la conditura cade più tardi, ma forse il rimedio temporeggiando, eserciterà la sua forza più efficacemente. Se vi sovviene di alcuno che abbia scritto oltre le cose che abbiamo del Palletta nel foglio medico dell'Aglietti, intorno i vizi dell'ano, e del resto, datemene notizia, perché avendo ora più ozio che innanzi non avea concessomi dal bisogno di governarmi mi nasce prurito di scarabochiare qualche cosa sul proposito, avendo molti fatti da poter insieme unire, sul gusto delle mie miserabiliss[im]e moribonde o morte affatto observationes pathologicae . Anzi di questo mio prurito datemene buon consiglio, pronto a rinunziarvi, se voi mel direte. Abbracciarete per mia ragione e per ragione del figlio il nipote sig[nor] Floriano, e ricordategli non essere in noi punto diminuita per distanza di tempo la memoria de' nostri doveri. Farete il simile colle nostre Sig[nore] a nome anche delle mie donne, che si compiacciono che sia io giunto in istato di scrivervi. A voi mille abbracciamenti secondo il solito. Addio Il vostro amico Manzoni
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1797-11-29
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Verona il 29 novembre 1797 A[mico] C[aro] Viene a Padova per studiare l'anatomia e insieme la chirurgia il mio allievo Sig[nor] Luigi Torri. Egli mi priega che lo raccomandi a voi, la qual cosa la faccio volontieri, perché essendo egli giovane assai buono, e di non mediocre talento e che mi ha date prove del suo buon animo verso di me, io colgo l'occasione di mostrargli il mio cuore verso di lui, e a voi non sarà discaro di avere tra vostri discepoli un colto ed ottimo giovane. Fate adunque in guisa ch'ei conosca che non è stato da me in vano raccomandato. Niente posso dirvi per ora del mio Luigi intorno la raccomandazione da voi fatta al Nannoni, e forse ne avrò notizia posdomani, che è giorno di posta, ed avutone riscontro, ve ne darò avviso. Comunque però sia per essere l'esito della cosa, io vi sono grato, e ve ne ringrazio. Non so se vi sovvenga di ciò che vi ho scritto, ma credo più tosto che vi ha mandato a dire l'amico Targa intorno il vostro affare d'allora, cioè della cattedra ec. Egli col suo penetrantiss[im]o aut saremo veneti, aut saremo austriaci ha colto bravamente nel segno; e vi ha segnata la via più sicura. Voi non dovete più debitare dei nostri interessi attesa la benivolenza di quella corte ec. Io vi desidero ogni felicità e ne la spero ampliss[im]a. Della nostra salute non so d'avantaggio, della mia quantum satis est , se si prescinda che mi ho malmenato il terzo dito della destra mano, ed è quello che mi ha dato tanto da fare sono tre anni e mezzo all'incirca. Io per altro lo governo con tutto il rigore ammaestrato dal tristo caso d'allora. Le mie donne vi salutano, e mi priegano di ricordare alle v[o]stre i loro sentimenti, e dirle che comandino se nelli donneschi affari possono elleno inpiegarsi. Hic nihil novi : si attendono con impazienza in molti quelli che non giungono mai il danaro è consunto affatto. Lo squallore è universale. Amatemi. Addio. Se non l'ho scritto, s'intende già, che il nostro Targa vi abbraccia e vi saluta. Il vostro Manzoni
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1799-07-07
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Di Verona il 7 lug. 1799 A[mico] C[aro] Mille grazie della lettera per Bologna a favore del giovane Frinzi. Convengo io pure, che al suo immaturo dottorato manchi ciò che più importa, cioè il corso regolato dei studi, senza il quale nessuno può andar avanti. È veriss[im]o: si stà assai male di libri, che definiscano con chiarezza i mali degli occhi. Se vi è qualcosa di buono, trovasi in qualche trattatello fatto apposta per qualche malattia particolare di quest'organo: v. gr. Il Benevoli ha pubblicata una assai buona dissertazione, in cui si parla della infiammazione e della maglia, o sia leucoma. Il Plenk forse è il meno oscuro, ed ha sufficientemente classificate quelle malattie. Merita quindi essere consultato. Si consulti anche il Sauvages : ne si omettano il Saint-Yves, il Janein, il Pelier e l'Eisteno. Janein e Pelier sopra gli altri sono degni di essere letti, avendo trattati alcuni mali particolari maestrevolmente. Questo è ciò che posso dire in questo articulo oscuro e difficile. Dal D[otto]r Targa avrete una lettera, riguardante la cura da tentarsi per un male di natura erpetica a cui va soggetto il Sig. Domenico Moschini. Io non movo parola, perché dal Targa sarà stato detto quantum satis. Essendo mio amico, ve lo raccomando. Del mio Luigi sono ancora a digiuno. Oh Dio! Ella è questa per me cosa assai dura! Ieri di Verona è passato il sig. Sografi (1), che viene da Rovereto: io però non l'ho veduto, siccome sperava. Questa è la terza volta che è stato in Verona invisibile ai suoi amici, così da lui chiamati. Una delle tre volte però è stato per accidente da me veduto, ed ho ricevute ed accettate le scuse di non essere stato a salutarmi per ristrettezza di tempo, del quale però glien'è avanzato che basta per starsene al caffé. Suo danno: alcuni zecchini gli avrebbe buscati anche qui. Ma egli non avrà bisogno di queste minuzie. Conservatevi sano. Addio Il vostro Manzoni . (1) Sografi, Giovanni (1726-1806) oppure Pietro, suo figlio (1756-1815)
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1799-07-19
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a c. 2v All'Illustrissimo Signor... Leopoldo M. A. Caldani P[ubblico] P[rofessore] P[rimario] nell'Università di Padova
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A[mico] C[aro] Non vi sarà discara la nuova del mio Luigi avuta per mezzo di due sue lettere, e per mezzo ancora di un suo compagno negli studi, l'altrieri passato di qui per ripatriarsi. Egli è stato sempre bene, e stà bene tuttora. Solamente ha sofferto grande dispiacere essendogli stato ne' bisogni suoi negato il danaro necessario al suo sostentamento da chi gli fu raccomandato, ed al quale furono fatti dei contamenti non piccioli e pontualmente, e senza la più picciola dilazione di tempo. La pena però per esso lui magg[io]re fu quella della nuova infausta datagli da un nostro veronese proveniente di Bologna della sicura mia morte. Egli che mi ama teneramente, potete immaginarvi, quanto avrà sofferto nell'animo suo. Voi pure avrete avute le nuove della vostra famiglia di Bologna, che io spero fauste e felici; se ne avete, siccome credo, datenele per mia consolazione. Del giovane Alberti, che tuttora è convalescente per febbre terzana, ho fatte le dovute indagini. La sua entrata si calcola a mille ducati netti, oltre le candele (1), che non si sà cosa sieno di preciso, ma che se fanno giugnere a qualche d. ducati, frutto dell'economico materno risparmio fatto nel tempo dell'amministrazione pupillare. Essendo questo giovane un'[sic] allievo del mio amico D[otto]r Zoppi, ho date a lui l'incombenza di rilevare la sua inclinazione intorno al maritarsi, e se il trovassi disposto e senza impegni, di che io ho un qualche lontano dubbio, gli ho fatto capire un mio pensiere di accasarlo con la vostra nipote, quasi io amassi di farvi sorpresa. L'amico si è mostrato impegnato, e sono certo che farà destramente e lo farà più volontieri, perché crede propriamente che tal pensiere sia tutto mio. Del risultato ne avrete avviso al suo tempo. Incomodare gli amici quando è bisogno non dee esser rimproverato. Eccomi al caso. La lettera vostra al d[otto]r Mondini di Bologna a favore del d[otto]r Pietro Frinzi è stata perduta dal messo spedito nei tempi i più disastrosi. Bisogna farne un'altra, mandarmela come l'altra volta. Vi sarò grato, e lo sarà pure il Padre del giovane raccomandato. Se io pisciassi bene, e senza dolore, e le orine fossero nette io starei bene, ma essendo tutto al rovescio, e dovendo assai faticare, immaginatevi come sono. Ma speriamo in bene. Vi abbraccio. Addio. Al Moschini i miei saluti. Il vostro Manzoni In questo posto 20 luglio dopo pranzo ricevo una vostra, e dell'amico dr. Targa da includersi. La risposta è data ad unguem. Addio.. (1) candela, una lira (gerg.) cfr. Giorgio Rigobello. Lessico dei dialetti del territorio veronese. Verona, 1998, p. 113
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per l'abbreviazione cfr. indirizzo di lettera del Vallisnieri Aut. B. XXVI. 36: Giovan Battista Bianchi Pubblico Professore nell'Università di Torino
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1799-07-23
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Di Verona il 23 luglio 1799 A[mico] Non posso dirvi il dolore che io provo, né posso significarvi la malinconia da cui sono preso. Sono più di due mesi che non ho nuove da Firenze del mio Luigi; e se non fosse che io sono nella condizione di tanti altri miei concittadini, i quali hanno in Toscana dei figli in educazione, sarei senza conforto. Dio voglia che finalmente si decifri l'arcano e si aprano le strade ed io e tanti altri possiamo rinfrancare l'animo oppresso. E voi come ve la passate il mio cariss[im]o Leopoldo? Due sole righe mi metteranno al fatto dei casi vostri. Qui occlusa trovarete una lettera dell'amico Targa, il quale adopra bensì la penna, ma non ha il corpo sano: quei suoi benedetti intestini gli fanno la guerra eterna. Dio voglia che abbia ella un fine felice. Riceverete una cestella, la quale spero che vi giungerà sana e salva, avendola raccomandata ad un mio amorevole (?), che và ad Abano per servire ad una di quelle locande. Desidero sapere della vostra famiglia, che saluterete in nome della mia, e di me pure. Io vi abbraccio con tutto l'animo; addio il vostro Manzoni
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1801-09-01
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Di Verona il p[rim]o settembre 1801 A[mico] C[aro] E che fà, e come se la passa il mio amico Caldani? É egli sempre stato bene dopo il ritorno da Padova del nostro comune amico D[ott]r Targa? Così io voglio sperare, e credere. Il Targa và orsù or giù, non mai bene. Ma si dice aver in considerazione che oltre gl'incomoducci, a quali và egli soggetto, porta su le spalle anni 73. Io me la passo assai bene, perché piscio quello che non ho mai pisciato in anni cinquanta, che ho passati di vita. Quello che mi ramarica si è una muta persecuzione che si và facendo al mio Luigi indegnamente, e quel che è peggio, viengli fatta da alcuno di quelli che dice essere mio amico. Io che aborro le brighe, potete immaginarvi qual mulestia mi apportino questi indegni uomini ed inonesti. Ci vuol pazienza. Io sono e sarò sempre galantuomo, e lo sarà pure il mio Luigi, il di cui carattere, sia detto a lume e gloria della verità, è aureo veramente. Povero giovane, non potete credere, quanto ei ne soffra! Che questi così detti amici sono le grandi e famose birbe! Qui occluso c'è un foglio dell'amico, che contiene grandi novità. Leggetelo, e ne sarete convinto. Io vi scrissi altra volta che mi sapeste dire cosa si spende in Padova a licenziarsi in chirurgia latino sermone , come dicono, e qual utile ne viene al licenziato in confronto del cimento fatto sermone italico. Io vi abbraccio coi saluti cordiali di mio figlio. Amatemi. Addio Il vostro Manzoni
Osservazioni
Dal 1801 feb-1805 Verona fu divisa in due parti: quella a destra dell'Adige sotto il controllo francese, quella a sinistra sotto il dominio austriaco. Fu riunificata sotto il dominio napoleonico con la pace di Presburgo (26 dic. 1805)
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1803-04-04
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Di Verona il 4 aprile 1803 Due sole righe per mezzo del mio amico Nicoletto Locatelli che và a Venezia colla sua sposa. Il mio Luigi, io, la mia famiglia tutta sta bene, e si ricorda di voi. Voi vi ricordate mai di noi! Io nol credo senza dubbitarne. Il nostro Targa ha passato secondo il solito tutto l'inverno ora in letto ora in piedi, e qualche giorno anche fuori di casa. Ora che la stagione va facendosi temperata le sortite sono più frequenti, e non ricusa qualche consulto. Ei vi saluta per mio mezzo. Se avrò nuove di voi, e del nipote sarò molto contento, come sarò contentiss[im]o che continuate ad amarmi, secondo il solito. Vi abbraccio. Addio. I miei saluti al nipote Floriano a nome anche del mio Luigi. Addio nuovamente. Il vostro Manzoni
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1803-06-30 (datata l'ultimo di giugno XI)
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Verona l'ultimo di giugno XI [1803 giu. 30] A[mico] C[aro] La Signora Marchesa Fumanelli è la Dama, di cui vi ho pregato per l'aloggio presso cotesto Sig. Biagi. Siete pregato di farle la dovuta assistenza. A me premerebbe che oltre li fanghi, le fosse fatta anche la doccia, per la quale può bastare il secchio da voi indicato, la qual maniera pratico io pure in mancanza di altro istrumento migliore. É in Verona il sg. Quadri, che sarà da noi conosciuto singolarmente essendo ei l'incisore anatomico in Bologna vostra patria. É anche oculista. Se è bravo in questo solo di quello che dice di se stesso, dee essere certamente un grande operatore. Ier l'altro ha fatta l'operazione della pupilla artificiale in soggetto che è affetto anche di cataratta, e per ciò che è a mia cognizione non esente l'infermo da gravi sospetti di paralisi della retina. L'intrapresa di tal operazione in tante circostanze non mi sembra cosa da uomo prudente. Vedremo. Salutate Floriano a nome di tutti noi. Addio Nota manus
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1803-07-06
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Di Verona il 6 luglio 1803 A[mico] C[aro] Non so qual giovane è stato alla mia casa colle nuove di voi, e lasciando una cotal non sò qual lagnanza vostra di non aver io fatta a vostra lettera risposta. Mi ha sorpresa l'ambasciata, e forse fu mal eseguita la commissione. Io ho scritta l'ultima mia lettera, che mi fu consegnata dal mio Locatelli, ed ebbi da voi la risposta prontiss[im]a e cordialiss[im]a. Dopo io non ho più scritto a voi, che io mesi dopo ebbi vostre lettere. Vi priego di sapermi dire qualche cosa in questo articolo. Dalle avute notizie ho saputo che state bene, e me ne consolo. Io pure sto bene, ma pieno di brighe. Ho parlato coi due noti coniugi. Vivono bene,che è nota cosa, che meriti esser scritta. Ho loro anche detto che da voi aspettavasi le loro nuove secondo la fatta promessa: ma dissero che non hanno grande costume di scrivere. Sono però grati alle prestate assistenze. Il nostro amico comune se la passa bene; e mi pare che vada balbettando su la solita gita a coteste parti. Io sono sicuro che se stà bene, non ometterà il picciolo viaggio. Niente di nuovo tra noi. Ditemi se vi è cosa tra noi degna che si sappia. Il mio Luigi vi saluta tanto e poi tanto. Stà bene, e fà pulito. Vi abbraccio. Addio Il vostro Manzoni
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1803-07-28
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Di Verona il 28 luglio 1803 A[mico] C[aro] L'argentiere Pozzo stà sufficientemente bene senza usar del remedio Barberiano; dico che stà sufficientemente bene, perché e così fui assicurato, e perché il veggio di quando in quando passeggiar la città, e sempre al suo negozio di argenti. Medesimamente li Nob[ili] coniugi stan bene, e sopra tutto la sposa, la quale però avendo passato un mese priva delle sue regole aveasi messa in mania; ma tutto andò bene poscia, al ricomparire delle sue purghe. Il mio Luigi crede che al finire della vegnente settimana sarà a Padova a tentar pochi fanghi, onde rimettersi da un pò di edema rimastogli l'anno decorso dopo la graviss[im]a malattia. É superflua a voi ogni raccomandazione per lui. Domenica scorsa ho visitato il Marchese dabagno [sic] ammalato di tumore al destro testicolo. Ha voluto la mia opinione. Io l'ho condannato alla castrazione. Non mi pare quel male nè sarcocche nè idrosarcocche; lo vedrei più tosto una degenerazione delle cellulari involventi il testicolo, anzi mi pare che il testicolo propriamente sia spinto in alto, e in fuori. Com[un]que sia, quel corpo và levato. Se ei si servirà dell'opera mia, come ha mostrato di desiderare, sapremo cosa è veramente. Mi disse dopo aver inteso il mio parere di aver consultato voi con Bonato, Malacarne e Sografi. Io non so però il risultato quale sia stato. Lo sentirò da voi volontieri. Il nostro amico và movendosi per cimentare l'annua sua gita. Non so per altro se vi riuscirà, perché mi pare tristo ....... Se viene vuol dire che si sente capace di tanta intrapresa. Degli affari della Università sentiremo. Si parla anche delle università della repubblica con alto tuono. Videbimus. I miei saluti a Floriano per parte anche di Luigi. Vi abbraccio. Addio Il vostro Manzoni
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1803-09-01
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25 Di Verona il primo settembre 1803 A[mico] C[aro] Alla contessa Rambaldi io non ho fatta che una sola visita, e questa si eseguì il giorno dopo la sua venuta in Verona. Allora mi parve la punta del tumore un po' abbassata; tutto il resto comparve al mio tatto affatto eguale. Ho fatti gli esami anche nel modo da voi indicatomi; ma nepur nella nuova maniera potei ritrovar differenza. Avrei amato ripetere le osservazioni, ma non mi parve convenevole fare altre prove. Sapea per altro, che sarei stato chiamato dalla dama stessa col comune amico, e col medico di famiglia alla fine di agosto per un'altra esplorazione, la quale non si è verificata per la malattia di un amatiss[im]o suo fratello, che finì di vivere giovedì passato. Volea scrivervi fatto questo secondo esame, che è fissato per domani alle undici, e del quale ve ne darò conto coll'ordinario di sabato. L'oggetto di scriver prima non è che una raccomandazione per un giovane della nostra repubblica, che viene a licenziarsi a Padova, facendo un corso alle università repubblicane. Egli è allievo di mio figlio. Assistetelo dunque; e forse nol trovarete ignudo affatto di cognizioni. Sarò grato con esso alle vostre attenzioni. Niente più ho saputo del soggetto operato da Sonsis; ma fu solo fatto cenno da un Signore di Mantova, che l'affare andava benissimo. Se saprò di più, ve ne saprò dire. Vengo in questo momento dalla Contessa Silvia Verza ammalata di oftalmia palpebrale cronica; mi comanda di salutarvi tanto e poi tanto, e scriverne, che vi vuole bene. Eseguisco l'impegno, ma a patto di non far la comparsa di vile mezzano. Il mio Luigi meco vi saluta. Ricordatemi al bravo vostro nipote. State sano. Addio Il vostro Manzoni
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1803-09-02
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a c. 2v All'ill. Signor..Leopoldo M. A. Caldani P[ubblico] P[rofessore] P[rimario] di medicina teorica e di anatomia nell'Università di Padova
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Verona li 2 settembre 1803 A[mico] C[aro] Ieri mattina, siccome io vi scrissi nell'ultima mia, si è fatta la conferenza col comune amico, e col d[otto]r Rivanelli alla C[onte]ssa Rambalda. A me parve che il tumore fosse diminuito di volume; e mi parve anche un po' più molle di quello che il trovai nell'esame fatto il giorno dopo la sua venuta da Padova. Lo stesso parve tanto al Targa, quanto al medico assistente. L'esame si è fatto prima in letto, poscia in piede, nella qual posizione quel tumore qualunque ei sia, e qualunque sia la sua sede, facendo la dama lo sforzo che si suol fare per espellere gli escrementi, si ritirò indietro diversamente di quello che fanno le alentature, le quali con si fatto sforzo sortono fuori. Di questo fenomeno fatene voi la spiegazione. Il concertato del consulto fu che la dama torni a fare la cura fatta in Padova la decorsa stagione, però eseguita a Monte Ortone. Fu parere dei due medici che si continuasse l'uso delle pillole, la doccia si praticasse per alcuni giorni, si spalmasse il sito corrispondente al tumore coi fanghi, e le parti intime pure, avertendo di far star la dama in cotal posizione, nella quale il tumore trovasi più spinto in fuori. Il Targa raccomandò qualche bagno praticato dopo la fangatura, e laudando l'uso dell'acqua della Vergine da beversi dopo prese le pillole, a quelle si unisse poca quantità di latte. Il metodo curativo in cotal modo concertato, si decise ed approvò la Dama di partir di Verona lunedì mattina per esser a Padova il giorno stesso. Ciò vi sia di regola. Essa andrà ad alloggiare direttamente a S. Bernardino dal vostro cameriere; quindi vi priega di fargliene cenno. Voi poscia la diriggerete a Monte Ortone, raccomandandola a qualche Religioso, che possa far ad esso compagnia; e potrebbe essere a proposito il D. Bianchi, giacché si desidera che nessun altro medico in questa medicatura vi abbia parte, essendo intenzione della dama di pregarvi a far ad essa qualche visita a Monte Ortone a norma del bisogno. Rispetto alla dama Rambaldi eccovi in breve tutto quello che ad essa può appartenere. Subito giunta ve ne darò avviso. Voi sarete il suo medico ellottimo amico. Questa sera sono invitato alla sezione del cadavere di un nostro ricco droghiere. Io fui consultato col d[otto]r Targa per giudicare di un grosso tumore che copriva lo stomaco del povero infelice. Il medico alla cura dicea che era tumore allo stomaco; il chirurgo opinava che il male fosse del fegato. Il Targa ed io fummo del parere del chirurgo. La dissecazione metterà in chiaro la verità. La cosa però è fatta, e si farà civilmente, e per puro e solo amore di studio. Il comune amico vi saluta. É sano, ed è anche bello più di quello che deve portare l'età sua di anni 74 oggi scaduti, siccome ei disse ieri dopo finita la conferenza Rambaldi. Io però sono d'avviso che vi sia fallo di aritmetica, e sbagli il buon galantuomo almeno due anni. Ho taciuto per non mover quistione; giacché la quistione della età, quando è avanzata, è sempre quistione spiacevole. Luigi vi saluta. Ricordatelo all'ottimo Floriano, ed a lui ricordate me pure. State sano. Addio. Il vostro Manzoni
Osservazioni
per l'abbreviazione sciolta cfr. indirizzo di lettera del Vallisnieri Aut. B. XXVI. 36: Giovan Battista Bianchi Pubblico Professore nell'Università di Torino
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1803-12-23
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Di Verona il 23 dicembre 1803 A[mico] Mi ricordo che una sera, saranno forse due mesi, il nostro comune amico mi lesse un paragrafo di una vostra lettera di molta laude all'amico stesso, e di non mediocre a me pure. Mi ricordo anche che fui per questo scritto si fattamente commosso, sembrandomi di non meritare da voi tanto onore, che erami determinato di tosto scrivervi, e chiedervi la ragione della beffe che vi volevate prendere di me. Nol feci allora distratto da certe occupazioni dell'arte, ed intanto mutai consiglio, e mi parve miglior partito non cercare di questo argomento altre ragioni, e farvi mille ringraziamenti, siccome faccio adesso dopo tempo si lungo unitamente al mio e vostro dottissimo amico. Intanto unisco ai miei ringraziamenti gli auguri delle S.S. Feste forse posticipati poiché la lettera non vi viene per la posta, e sopra tutto del buon capo d'anno a voi, ed al vostro bravissimo Floriano, a cui farete noti questi miei sentimenti. Mondino Canestrari, che vi darà in mano questa mia lettera, non si raccomanda da me a voi, perché so le prevenzioni che avete di questo bravo giovanetto favorevolissime. Voglio solo che sappiate che è mio, perché lo amo, ed è figlio di un mio amico antico e bravo medico il d[otto]r Fran[cesc]o Canestrari. Desidero bensì che lo raccomandiate in mio nome all'amico Floriano, e s'interessi a suo favore negli studi privati che farà di anatomia sotto la sua disciplina. L'amico nostro finalmente dopo quasi due mesi di camera e di letto comincia ad uscire di casa, ma non bene ristabilito; egli è sforzato a ciò fare, essendo gravemente ammalato il K.r Dal Pozzo suo grandiss[im]o amico. Mi commette di salutarvi e di ringraziarvi. Il mio Luigi fà ei pure lo stesso. Io vi abbraccio coll'anima e col cuore; e sarò immutabilmente il vostro Manzoni
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1804-01-20
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Di Verona alli 20 di g[ennai]o 1804 A[mico] C[aro] XXXIII. Il senso a me riesce un pò oscuro. Mancherebbe forse un non e dovrebbesi leggere come un seminio canceroso può mai non supporsi LIII. che l'estratto di cicuta ritardi l'avanzamento del cancro, è affermato dal Flaiani nel T. I della Collezione di Osservazioni e Riflessioni di chirurgia, collezioni stimabiliss[im]e. Ei alla cicuta vi aggiunge la canfora. Niente io trovo che meriti censura nello scritto mandatomi, siccome avrete inteso da Floriano. La dissertazione è bella, dotta, maneggiata compiutamente per ogni verso. Io non sò credere, che vi sia sull'articolo del cancro produzione più perfetta di questa. Ego dixi . Mi compiaccio di ritrovare in questo scritto tutto ciò che brevemente ho indicato nelle mie osservazioni, canceroru[m] excisio e sopratutto ove io parlo dei caratteri esegui dei cancri da estirparsi e da non estirparsi. Al Levioni ho dato a leggere la lettera di Floriano. Saprò alla prima occasione cosa ei pensa sul proposito, e ve ne saprò dire. Targa vi saluta dal letto. L'inverno è incominciato, si sà men di presso cosa dee esser di lui. Abbracciate il nipote per mia parte e di Luigi. Amatemi. Addio Il vostro Manzoni
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1804-04-14
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29 Di Verona il 14 Aprile 1804 A[mico] C[aro] Al sig. C. Serenelle ho data la incombenza di dirvi che ho ricevuto il pacco colle sei copie, e che da me si procurerà l'esito di esse. Ieri ho inteso dalla vostra lettera che il d[otto]r Bertozzi vi ha assicurato della salute dell'amico, la quale è sufficiente e della mia pure; ma in questa parte ha preso sbaglio, perché fino dal dì di Pasqua guardo parte il letto e parte la camera, e solo ieri sono uscito un momento, ed oggi mi trovo nuovamente preso da febbri con dolore alle parotidi, che mostrano minacciar qualche cosa, tutt'altro però che gli orecchioni, per quanto a me pare. Mi è sommamente dispiaciuta la perdita del povero bravo Tumiati, e forse difficilmente si rimpiazzerà quel posto. Per quanto io guardo, non so vedere soggetto opportuno, molto più essendo scarsa la mercede stabilita per quell'impresa. Vi raccomando il sig. Fantasia, che viene a licenziarsi in chirurgia, essendo ei fratello di un nostro medico, ed allievo di un chirurgo, l'uno e l'altro miei amici. Salutate Floriano. Voi conservatevi e desidero potervi dare nuove buone di me. Luigi stà bene e vi saluta. Il vostro Manzoni
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1804-06-09
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Di Verona il 9 giugno 1804 A[mico] C[aro] Si scrive ancora dal letto. Agli altri mali si aggiugne l'ardor di orina, che se non procede dalla tintura di cantaridi con cui ho fatta una frizione all'osso sacro per tentar di dissipare un'[sic] umor ch'io credo reumatico, fisso da un'anno nei contorni di quel luogo, l'affare potrebbe essere dei molesti e dei non facili vidibimus ; intanto speriamo bene. Desidero un piacere dalla vostra amicizia; ed è questo. Il P[adre] Abbate Giusti monaco olivetano zio di un sig. mio padrone ed amico è da quattro mesi che soffre di disfagia, che pare esofagea, e nata da causa reumatica. Il D[otto]r Monteggia, col quale ho consultato l'affare giudica che provenga da scirro dell'esofago e da scirro senile; ha ordinata la cura aponese ed a questo fine l'infermo si è portato costì. La cura la farà ad ogni modo e molto più perché il Prof. ha l'esempio di una Dama guarita di disfagia consimile a quella del monaco per mezzo dell'acque e bagni di Pisa. Fate a lui coraggio; se ci scoprite periculo ocultatelo ma da voi con tutto comodo bramo il vostro parere. Ciò si farà da voi gratis et gratis; e vi parrà ciò strano; ma adesso di questo non cercate ragione. Vi ringrazio anticipatamente. Ho scritto a Floriano; da esso aspetto avviso de farciminibus . Desidero che ritorniate in salute; governatevi, Addio Nota manus trista ed inferma
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1804-06-11
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Di Verona gli 11 di giugno 1804 A[mico] C[aro] Ecco i pochi riflessi, che ho saputo, e potuto fare sù lo scritto trasmessomi. É difficile il poter dir cosa di qualche proposito, e degna di voi, specialmente da me, dopo le tante cose dette e scritte da dotti chirurghi sopra la natura del cancro, volendolo alcuni originariamente un male locale, che poscia si diffonde nel sangue, ed alcuni altri volendolo adirittura un mal universale. Voi sapete che pro e contra da una parte e dall'altra sono state addotte delle vigorose ragioni degne del più grande rispetto. Mi pare che il chirurgo francese Louis sia uno dei patrocinatori del primo dei due partiti, e per quanto me ne sovviene, tenga egli anche la terza opinione, che giammai sia il cancro mal universale, anzi sia ad ogni modo un mal sempre locale, e se estirpato ritorna, lo credo effetto dello sviluppo di germe cancheroso rimasto nella parte stessa ove si manifesta: sentenza vaga e singolare la quale udendosi da esso provare coi riflessi comunicati dagli editori dell'enciclopedia, non lo fù costante a se stesso, e cade in manifesta contraddizione, da voi ben ravvisata e conosciuta, come appare nella giusta e ben ragionevole censura posta appiedi del vostro scritto, che io non posso che approvare pienamente colle poche considerazioni, che per ubbidire ho fatte alle sentenze esposte dal chirurgo francese. É verità dimostrata per una estesa serie di fatti sinceri che ciò che del cancro afferma il Louis, cioé che quando la pelle è aderente al tumore o il grasso è impegnato, se non si leva tutto ciò che non è nello stato naturale, si rischia di veder comparire un cancro avanti la guarigione perfetta della piaga, o poco tempo dopo averla ottenuta; si accusa allora la massa del sangue, che si stabilisce infetta del miasma cancheroso, miasma della cui esistenza tutto il mondo non è punto persuaso. Da ciò che qui si espone dall'autore si conosce essere sua opinione che il cancro rinasca dal germe cancheroso, cioè che una qualche particella di tumore rimasta e sfuggita all'occhio e alla mano dell'operatore è una a dar origine al cancro. La rinovazione del cancro da questa causa è pur troppo vera, e molti fatti infelici hanno parecchie volte convinto alcuni increduli. Ma quando si leva via tutto; quando col tumore si leva la pelle aderente, ed il grasso alterato e che il grasso che resta è bello, oleoso, e del color dell'oro, se il cancro rinasce come potrà dirsi che rinasce dal germe lasciato, e non più più tosto da infezione della massa del sangue? E se il cancro rinasce in luogo lontano dalla parte da cui fu amputato, con qual ragione si potrà al germe attribuire il nuovo cancro? Risponderà l' A. che ci sono, che ci sono [sic] nel corpo dei germi quà e là sparsi. Ma così dicendo, non è dire con altre parole, che il veleno cancheroso è diffuso, ed è la massa infettata di questo veleno? L'adesione della cute al tumore, e la cellulare impegnata d'intorno al tumore stesso fù mai sempre ai chirurghi savi una forte ragione per temere il ritorno del cancro, e rare volte si sono ingannati. Queste due circostanze da me sempre si guardano quai segni d'infezione universale; quindi stò indietro più che posso dall'operare. Il cancro afferma Louis, è un vizio locale che ha cominciato da uno scirro, effetto dello stravaso e della condensazione della linfa. Mi ha ammestrato l'esperienza, che nel scirro, quando vi è stravaso di qualche umore, è quasi certo ch'ei ritorna dopo l'estirpazione, Lo ripeto: io non saprei incolpare un qualche germe rimasto, se il canchero ritorna lungi dal luogo operato. Che se per condensazione della linfa l'autore intende la linfa universale, sarebbe in contraddizione, perché in questo caso il scirro procederebbe da vizio degli umori, quindi non sarebbe un mal locale. Dice l'A. che se la massa è attaccata da coliquazione non si deve temere la reproduzione di un nuovo cancro; e ciò perché ei suppone, che il cancro sia sempre un mal locale nato dal germe, e non c'entrino i vizi umorali alla formazione del cancro: afferma però: che convien dispensarsi assolutamente dal fare un'operazione, che levando la malattia non assicurarebbe l'ammalato da una morte certa. É d'uopo, continua egli, contentarsi allora di una cura palliativa. Dunque secondo questa dottrina non si produrrà il cancro; ma l'ammalato, dice Louis, morirebbe egualmente per il deposito del veleno cancheroso sù qualche viscera delle quali osservazioni, se non isbaglio, ne ha il Palletta nel Giornale di Venezia, e il Sonsis in una memoria sul cancro. E perchè in questi casi non si ascrivarà la morte al veleno v. gr depositato sul polmone, che è il viscere sopra gli altri solito a patir tai vicende ! Quando il cancro occupa tutta la mammella, e la massa del sangue non è in coliquazione, si può amputare questa massa, così insegna Louis. Dunque, io dico, se il sangue è in coliquazione non si deve amputare? Ma non ha detto in altro luogo, che se la massa è in coliquazione non si dee temere la riproduzione del cancro? Se questa non è contraddizione, quale lo sarà mai? Non è lo stesso che ora dire che il cancro è mal locale, e ora che è mal universale? Se la cagione immediata del cancro: sembra essere, come scrive Louis un sal volatile eccessivamente corrosivo, che si accosta alla natura dell'arsenico formato dal ristagno degli umori, ed esiste solamente nel tumore cancheroso, ciò provarebbe, che il cancro è male puramente locale: ma se la causa, che produce questo sal volatile corrosivo dominasse nel sangue, non sarebbe dimostrato che il cancro è male universale? Che la causa esista nel sangue, lo dice lo stesso Louis con queste parole: il siero è formato dall'ammasso dei succhi bianchi linfatici induriti. Questa cattiva disposizione viene dall'uso di alimenti grossolani; dalla vita oziosa e sedentaria; dai continui pensieri o violenti disgusti; dal freddo esterno e da alcuni lieviti esterni, capaci di addensare gli umori, quali sono i veleni celtici, scrofolosi ec. Dunque se la cosa è così, la causa del scirro, che è lo stesso che dire la causa del cancro è universale: dunque il cancro non è mal locale ecc. ec. ec. Io vi ho seccato ripetendo le med[esi]me vostre censure, e se diceste che bastava, che dassi cenno di approvazione senza questa lunga filastrocca, direte bene. Io confesso il mio torto; ma adesso la cosa è fatta. Ciò di che posso assicurarvi sinceramente si è che dei tanti cancri da me estirpati parte occulti e parte manifesti, non ne ho veduti a ritornare che a tre soli soggetti, a quali io avea già predetta la recidiva per la ragione che ad uno era la pelle molto aderente al tumore, ed il male era vecchio; all'altro ho ritrovato dell'umore atro raccolto in una specie di cisti nel centro del tumore, segno da me sempre guardato con gelosia; ed il terzo, cui allacciai la verga cancherosa, era affetto da cachessia. Quello che l'esperienza mi ha insegnato si è che chi estirpa sollecitamente il cancro, è raro che vega la recidiva. Qual deduzione si debba fare da questi fatti, par manifesto. Scrisse il Sonsis che se il cancro fosse mal locale, non recidevarebbe mai. Io rispondo, che se il cancro fosse mal universale recidivarebbe sempre. Pure non è vero né l'uno né l'altro. Dunque c'è una ragione di mezzo. Io ho scritto enterrotamente perché non mi lasciano mai in quiete. Figuratevi cosa avrò mai scritto! Com[un]que sia voi ne avete la colpa, avendomi obbligato a dir qualche cosa. Dite a Floriano che ho travate le sue dissertazioni. Che sospenda la spedizione e ne lo ringrazio. Verrà a voi un mio amico con due righe mie. Ascoltatelo e ditegli il parer vostro. Luigi vi saluta, e vi ringrazia. Io vo ricuperandomi, ma molto lentamente, perchè non mi lasciano quieto. Maledette le mie bellezze! Ho avuta lettera dal Targa, il quale sarà già partito per Venezia. Dio voglia che dal viaggio acquisti ristoro al prolungamento della sua vita preziosa. Se Floriano manderà il pacco per Parigi, cercarò l'occasione di spedirlo. Vi abbraccio. Addio Il vostro Manzoni
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1804-06-25
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Di Verona il 25 giugno 1804 A[mico] C[aro] Voi avete subito e in colpo d'occhio rilevato dal mio scartafaccio cosa io pensi intorno il cancro. Non v'ha dubbio; vi sono degli argomenti assai forti per credere che il canchero ora è locale, ora universale; e forse egli primieramente e sempre è locale, e diventa poscia universale. Quello estirpato dal Fabris mi pare che fosse locale, e adesso sarà forse universale; dico forse perché vi sono degli esempi di cancri recidivati, che esterpati che furono, più non rinascono; mi pare che dal Palletta ne sieno riportati alcuni. Il porro certo per la sua diuturnità va considerato per male universale, quindi non dee toccarsi. L'anno passato io ne ho estirpato uno, che avea la sua sede al zigomo, vecchio di qualche anno, il quale ancora non è recidivato, forse ciò avvenne per il fuoco che diedi subito dopo l'estirpazione alla ferita. Che il canchero non sia ereditario, ci sono centinaja di esempi, che ne fanno prova, e di questi se ne hanno nella di ssertazione del Sonsis. Donna divenuta feconda con poppa scirrosa fu da me veduta. Feci ad essa l'estirpazione del scirro prima che partorisse. L'operazione andò bene. Vive tuttora, e sono più di dieci anni, che fu da me curata. Altra donna io vidi fatta feconda con scirro al collo dell'utero; nacque l'esulcerazione e grande verso l'ottavo mese della gestazione. Partorì bene e senza accidenti: è morta poscia estenuata dalla febbre lenta e dagli acerbi dolori. Vi prego di ringraziare Floriano. Salutatelo. Io sto così così. Il mio Luigi vi saluta. Mille abbracciamenti Addio Il vostro Manzoni
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1804-09-30
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Di Verona il 30 settembre 1804 Li componenti la famiglia mia Tutti piangono, tutti sospirano Tutti gemono, tutti delirano Per la perdita fatta di te E di notte e di giorno si sente A parlare di te solamente. Del fratello si parla, del figlio Che in Vicenza corse il periglio Di crepare col ventre assai pien Fuori dei silenzi. Mi consolo che sia andata bene. Sig. figlio governatevi e non mi facciate il matto. A Vicenza niente mi dite intorno il processo fatto dai P[ubblici] P[rofessori] Veneziani per la giovane morta dicesi di vajolo naturale dopo la vaccinazione. Dunque datemene conto, perché molto importa. Quando avrò tempo, vi manderò la notomia esteriore dei due mostri da me custoditi: anzi spero che ne avrete il dissegno. Tutti tutti vi salutano: e vi dico davero non passa giorno che alla amichevole nostra frugal mensa non si parli di voi. Ho letto in queste sere il libro dei sistemi et. Per Dio che capo d'opera è mai questa tua produzione? Mi ha sorpreso senza dar niente all'amicizia. Ha veduto Luigi un chi[rurgo] inglese proveneniente da Padova raccomandato da Caldani. Parve a lui questo D[otto]r affatto privo delle cognizioni dell'arte sua. A che dunque servono i viaggi suoi? Stà bene, scrivimi. Addio Un bacio a Gaetana Il tuo amico Manzoni
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1804-11-10
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Verona alli 10 nov. 1804 A[mico], Nicoletto mi assicura di aver consegnato l'invulto vostro per equivoco la mattina susseguente al Malacarne; ma avendolo consegnato assai tardi, ed al domestico, il padrone in quell'ora non trovandosi in casa, credo che potesse quindi il Malacarne che fu veduto da noi la mattina stessa, giurare ad ogni modo di non aver ricevuto l'involtino nostro, e fino a questo punto và egli considerato innocente. Ciò che resta a sapersi, e che voi non avete avuto in vista di ricercare sia qual giorno al Prete corso l'invulto stesso sia stato dal Malacarne consegnato, potendo ei averlo dato subito, e non aver il prete eseguita la commissione colla sollecitudine che conviene. Se veramente la consegna al prete fu fatta dopo alcun giorno, pare che il Malacarne non possa esser assolto da vera colpa. Voi potrete più esattamente far il processo alla seconda parte dell'istoria; e metter in chiaro la cosa. La mia qualunque opinione intorno l'edema diurno, che affligge la vostra gamba, sarebbe di usare la fasciatura moderatamente espulsiva, né fidarvi molto agli altri remedj da voi ricordati. Gamba vecchia in corpo obeso pare che non dovesse avere cotali remedi. O bene o male ego dixi . L'amico comune che guarda la camara, vi saluta. Lo stesso fà il mio Luigi. Li comuni uffizi a Floriano. Vi abbraccio di cuore. Addio P.S. Malacarne mi ha restituito l'involto, e mi scrive che vi volea dare la storia e el dessegno secondo gli ordini miei. Voi ricusaste perché avevate avuta già la storia e i [la lettera si interrompe per la rifilatura del foglio]
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1804-11-16
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Di Verona, il 16 novembre 1804 A[mico] Chi presenta a voi questa lettera è figlio di un mio amico Repub[lican]o che brama licenziarsi in chirurgia. Carlo Brusco è il nome suo. Si raccomanda a me; io lo raccomando a voi. Fate in guisa che resti di me contento. Impegnate gli amici. Scrivo in fretta per mancanza di tempo. Io stò bene sicut in quantum . L'amico è in camera secondo il solito. Non vi saluta, perché non sa ch'io scrivo. Vi saluto però anche a suo nome sapendo di far a lui cosa grata: e glielo farò saper questa sera alla visita della sera secondo il mio solito. Luigi vi abbraccia meco, e ciò fà pure con Floriano. Addio Il vostro Manzoni P.S. Periculum in mora? , dunque bisogna licenziar il giovane subito
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1805-02-28
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Di Verona l'ultimo di febbraio 1805 A[mico] La vostra lettera unitamente ad una mia sono certo che per mezzo di un mio fidissimo amico pervenirà al d[otto]r Sartori. Vi avrei prima d'ora fatto certo che siete stato servito, se non avessi guardato il letto fino jer l'altro per febbre, che mi ha seccato in grado eminente anche nel decorso Genn[ai]o onde non potei far la corte a M[onsigno]r Canonico elemosiniere, che gentilmente Floriano mi ha fatto conoscere. Vi prego di ringraziarlo, siccome lo ringrazio di avermi procurata occasione di conoscere di persona il S[i]g D[otto]r Rezia. Intanto non vi spiacerà sapere che ora sto bene, e così lo stesse [sic] il nostro comune amico, che guarda la camara dai primi di ottobre ed il letto da quaranta giorni. Vi dico con mio sommo cordoglio sembrarmi veder in esso un discapito estraordinario. Mi dice di salutarvi, e dirvi anche credere esso perduta ogni speranza di più abbracciarvi. Io però confido nella buona stagione, che a lui fu sempre utile e propizia. Il latore della presente è il Sig. Isidoro Leoni che viene a colegiarsi salvato dalla febbre maligna presa nell'ospitale militare francese, allievo di Luigi. É dipendente da un mio padrone ed amico, io ve lo raccoma[n]do. State sano e vivete lungamente. Luigi vi saluta ed abbraccia; è stanco di tagliar gambe, e braccia, giacché essendo chirurgo m[a]gg[io]re ebbe la libertà di divertirsi con ampia estensione e libertà. Addio Il vostro Manzoni
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1804-03-24
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Luogo di spedizione: s.l.
Note al luogo: Verona
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Addi 24 mar. 1805 Putelo putelon, sempre putelo Pien de morbin e de bordelo Me godo, me compiaso Te dago per contento un baso. Mi è stata cara cariss[im]a la tua lettera. Attendi in breve ciò che scrivo. Pochi danari raccolti del libretto della febbre gialla perché il governo di Milano ne ha mandato uno sul soggetto da dispensarsi ai medici della comune. Ho mandata la copia a Giuseppe, di cui non ho avuto notizia di ricevuta. Ieri l'altro mi ha scritto e mandato i noti libri, che io manderò o per mano amica, o per la posta. Mi scrive mille cose gentili, ma niente del libretto speditogli. Il libro per Turrino ha avuta la sua spedizione alla fine per mezzo dell'amico Capitanio Zanone che non è più in Verona. I libri mandati per il mezzo di Fabris sono in numero completo cioé sette, non nove, e ciò lo puoi riscontrare da ciò che per nota ti ha mandato Scopoli. Scopoli mi deve mandar attestati legali della perdita che si è fatta col bagaglio di quel tal corriere della piantina di cui mi scrivi. Scopoli sarà giustificato appresso di te per la nota disavventura; ma non per colpa sua. Non so, se resta più cosa alcuna da dire. Se mi verrà, il farò altra volta. Io sto bene con tutti di casa che ti salutano. Non chiedo di te, che la ragione di tua buona salute è manifesta nella tua lettera. Bravo Gaetano. Se l'esser D[ottore] di veterenaria è cosa utile per lui e decorosa, siccome credo, me ne compiaccio, e faccio con te, con lui le mie congratulazioni. Salutate a nome mio, di Luigi e di tutti gli altri. Ho il rame pronto di quell'osso della Olivetti. Il vedrai e l'avrai a suo tempo. Addio Addio Caro Vincenzo mio Ricordati di me Sai che ti voglio bene Sai che già il tempo viene D'esser vicino a te. Cosa vò dir m'intendi Al mio desir ti arrendi Stando più dì con me.
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1805-08-29
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lettera
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Luogo
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Di Verona 29 agosto 1805 A[mico] C[aro] Io sono assai pressato da due miei amici chirurghi francesi, uomini nella professione loro di merito assai distinto, ad impiegarmi validamente appresso di voi per ottenere la laurea dottorale in cotesta nostra Regia Univeristà. Io non ho potuto resistere alle loro premure, e ricordandonsi il molto bene da voi fattomi senza gratitudine però, di che ancora mi dolgo, in favore del chirurgo Rivier, ho il coraggio di pregarvi a voler impiegarvi onde restino questi due Sig soddisfatti. Già non restano in Italia; quindi non può agli Italiani venir danno alcuno, e se ve ne può essere, andrà su i loro paesani, che tanti mali apportarono ai nostri poveri paesi. Conoscono il latino, dicono essi, ma io credo tanto quanto il conosceva Rivier, cioè niente affatto. Caro Caldani, se io posso aver da voi questo bene, vi sarò assai obbligato, e me ne ricorderò. Vi priego di darmi sollecita risposta, e di scrivermi nel tempo stesso ciò che occorre rispetto a fedi, ed a spese occorrenti. Nel caso di Rivier voi mi mandaste le formule, ed i casi da imparar a mente. Ciò potrebbe essere anche adesso a proposito. Per carità vedete di render contenti questi due uomini, vi assicuro, bravi nella loro profess[ion]e. Ho letta con mia sorpresa la dissertazione Rubini. Dio immortale qual scandalo è mai il premio che le fu dato. Dite bene. .. Mille abbracciamenti col mio caro Floriano. Addio Il vostro Manzoni
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1805-09-09
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Di Verona li 9 settembre 1805 A[mico] C[aro] Niente posso dirvi dei due chirurghi miei amici, non avendoli più veduti, e credo che abbiano fatto viaggio, già altrove chiamati. Io non mi sono preso cura di saper di loro, perché mi sono figurato che non permettono le presenti circostanze il pensare a dottorato. Del palazzo di Mantova , ne del Té posso dirvi niente, perché di riatamento non s'è fatta parola da alcuno. Anzi mi par cosa strana ciò che su tal raporto si scrive da voi. Mi scriveste anni sono, vidibimus et considerabimus : io adesso scrivo a voi ben opportunamente. Di cotesta promozione e dell'onorario mi vien da ridere e da piangere. Dite assai bene: non si distingue più l'ignorante dall'uomo dotto, l'uomo mediocre dall'uomo sommo. Và benissimo chi sarà il giudice dei professori che andranno al concorso. Tutto è sottosopra. Vedremo. L'amico sta bene: ma è inquieto. Io sono filoso[fo], è sta fermo negli ordini della providenza ché di là mi diparto. Luigi concilia a voi ed a Floriano, come io faccio contento l'animo. Vi ringrazio delle favorevoli disposizioni, e se verrà il caso, mi profitterò delle grazie vostre. Vi abbraccio Addio Il vostro Manzoni
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1805-11-19
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Di Verona li 19 novembre 1805 A[mico] C[aro] Vix tandem aliquando riprendo la penna in mano per salutare l'amico mio carissimo Caldani. Due cose vo dirvi, la prima si è che io vi raccomando il sig. Arduini latore della presente il quale è giovane, che ha studiato la chirurgia all'ospitale di Verona, e vuole aprofittare della anatomia Caldaniana e l'altra che voglio che sappiate che io, Luigi e tutta la famiglia siamo sani sanissimi. A me preme sapere di voi e di Floriano. Vi priego una sola riga. L'amico comune è in letto da due mesi ed io lo scorgo debole, patito, e tristo che mi fa grave timore. Ritornando al giovane Arduini vedete se sia possibile ch'egli abbia la matricola. Può meritar senza le circostanze dei tempi. Vi abbraccio di cuore. Salute a nome mio, e di Luigi il bravo vostro nipote. Amatemi Addio Il vostro Manzoni
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1806-03-19
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A[mico] C[aro] Mille ringraziamenti pel bene fatto al Leoni da me a voi raccomandato. Io sto bene adesso veramente. Dio voglia che possa continuare nel camino di già incominciato; ma è difficile, perché gl'intrichi a quali non è possibile di rinunziare, mi tengono in continuo pericolo. Luigi fa ciò che puote, ma molti propter aetatem amano più tosto il padre. Gli affari della nostra botega esigeno una prudente direzione, secondando il vento che spira, per non somergersi. È veriss[im]o, Luigi, e ciò sia detto senza ..... e senza prevenzione di affetto paterno, fu assai pulito, ma bisogna sostenerlo in faccia del tumultuoso pregiudizio. Targa è in letto. Non è possibile moverlo per un dolore al sinistro lombo, ove ei crede infitto un calculo, e va gridando letalis inhaeret arundo . Io spero, come voi, nel tempo migliore, che si va approssimando. Vi saluta e vi ringrazia dei riflessi e dei suggerimenti. Floriano si governi alla meglio e per quanto può un' [sic] uomo imbarazzato nella clinica. Voi governate i vostri occhi, e finisca la cispa. Cotal malore ha dominato fra noi, e domina tuttora estesamente. Il signor Michelangelo Pozzo fratello di un ministro dell'Offizio di Sanità alla destra dell'Adige si raccomanda a voi per mio mezzo, volendosi licenziare in chirurgia. Ve ne priego molto. Luigi vi ringrazia. Salutate a mio nome e del figlio il bravo Floriano. Addio il vostro Manzoni
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Regno Italico (19 gen. 1806-19 apr. 1814) Veneto, Friuli, Istria e Dalmazia a Napoleone che entra a Venezia il 19 gen. 1806
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1806-05-01
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Di Verona il p[rim]o Mag[gi]o 1806 A[mico] Dubito che non abbiate ricevuta la risposta dell'ultima vostra, consegnata al vostro raccomandato Monocolo, in cui vi diceva che non avendo noi più ingerenza negli Ospitali militari, non era possibile procurar posto al sud[dett]o vostro raccomandato. Vi dicea anche che io non avea letta la memoria del d[otto]r Zeviani sull'epilessia; ma che però avendo io med[esi]mo esperimentato il suo specifico ed essendo stato da molt'altri messo in pratica, fu sempre inutile l'uso suo. Io dico che mi nasce dubbio che cotesto chirurgo non abbia a voi recata la lettera mia, perché è partito di Verona con molto suo disonore e con mio grande rincrescimento, avendo egli corbellato il locandiere del Padovano, così detto di £ ... lire venete, e di due croccioni imprestati. Il povero locandiere, che è mio conoscente sapendo che il forastiere era stato da me, e supponendo che io il conoscessi pienamente, si è lasciato tirare in trappola. Se sia possibile, caro Caldani, procurare a questo povero oste per qualche modo il rimborso del suo danaro, io l'avrei molto a grado, e sono certo che mi inprestarete (?) con tutta l'attività. Con questo incontro conoscerete di qual indole è cotesto Bassanese, onde possiate voi pure guardarvene. Luigi vi abbraccia, come faccio io. Salutate Floriano. Addio Il vostro Manzoni
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1806-06-08
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Di Verona alli 8 di giugno 1806 A[mico] Delle tre belissime memorie vostre recatemi da uno studente di medicina veronese, e che io ho lette e gustate con sommo piacere, avrei prima d'ora fatti li miei ringraziamenti; ma ho voluto dilazionare fino alla venuta costì del mio amico amantiss[im]o Domenico Gianella, perché in persona vi consegnasse questa mia colla qual occasione rattificasse l'antica sua stima per voi e pel vostro alto sapere. Io spero che non vi sarà discara la conoscenza di questo amico mio, e di Luigi, giacché ei farà la sua dimora in Padova per alcun mese, siccome è solito di fare. Al proposito del Monocolo non si è più saputo di lui; ma essendo venuto alla mia casa quel tal S[i]gnor Arduini, che fece le raccomandazioni, gli ho fatte le aggne (1) istesse onde si possa trovar mezzo di soddisfare il povero locandiere. Temo però che non farà niente, avendo egli raccomandato il Monocolo su la fede di un suo amico, che io credo esso pure studente o in chirurgia o in medicina. Se non cangio parere, forse vi abbracciarò al finire del mese, e forse vi manderò un mio amico, che ha bisogno altamente della medica opera vostra. Luigi vi saluta, lo che faccio io pure. Mille cose per noi al bravo Floriano. Conservatevi. Addio Il vostro Manzoni ”˜agno / a lagno, lamento cfr. Giorgio Rigobello Lessico dei dialetti del territorio veronese, Verona 1998, p. 247
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1806-06-11
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Di Verona alli 11 giugno 1806 A[mico] C[aro] In una lettera consegnata a Meneghetto Gianella, che secondo il mio computo non può essere ancora a voi pervenuta, vi faccio cenno che forse avrei avuto bisogno della dotta vostra opera medica per un mio amico amatiss[im]o che da molto tempo è ammalato, e mi pare minacciato da male lento sottile. Questi è il signor Bernardo Silvetti amico di cotesto Luigi Borghi, appresso il quale ei restarà sotto la vostra cura e disciplina. Io mi lusingo che lontano dalla patria e dai medici amici di confidenza si prestarà più docilmente ed accuratamente alle prescrizioni che gli avranno fatte e da voi spezialmente di cui ha grande stima e rispetto. Ve lo raccomando quanto so e posso, poiché io lo amo teneramente come figlio mio, ed è pure amato qual figlio dalla moglie mia ottima e cara. Non vi sia ignoto che i di lui genitori sono morti consunti di mal sottile. Non vi sia ignoto ancora che la condotta di lui fu assai libertina, abusando del mangiare e sopratutto del bere del qual ultimo eccesso peccarono tutti i maggiori suoi. Non furono sempre pure le copule, quindi incontrò qualche gonorrea e tallora degli ulceri sempre medicati localmente, giacché rifuggì sempre le cure lunghe e nojose. Giammai però egli patì incomodi che abbiano dato segno di lue venerea. Mi pare che l'anno 1804 abbia patito febbri terzane recurrenti ostinate, indi quartane. L'anno passato è stato preso da dolore reumatismale nel braccio sinistro con febbre. Gli fu tratto sangue sempre duro con cotenna fortiss[im]a e con profitto. Utili furono le mignatte applicate al braccio offeso. Gli altri rimedi locali si trassero dalla classe degli ammollienti. Mitigò il male dopo lungo tempo colla cura interna antiflogistica, col letto, e coi riguardi all'aria esterna. Intanto si accese della febbre che par quotidiana debilitante (?) levando all'amico le forze, e l'appetito. Mai si scoperse periodo da alcuni sospettato. Quindi mai si fece uso di china. Targa amarebbe che facesse una passata d'acqua della Vergine con latte, ed amerebbe pure che menasse una vita diversa da quella tenuta tra noi, poiché ei mai guardò il letto o camera, anzi uso di divertimenti, andando in villa cogli amici non avuto riguardo alcuno a tempo o ad ora fosse calda o fresca. Li suoi amici che oltre l'essere e giovani e sani davano in certo modo eccittamento a giornalieri disordini. Non ho lasciato di ammonirlo del bisogno grande di curarsi e del pericolo in cui si trova. Mi pare che amasse cotesti bagni, ma forse, dice Targa, possono esser contrari al suo temperamento ed alla natura del suo male. Voi però farete le prescrizioni le più opportune. Queste poche cose da me accennate sieno a voi di regola e sopra tutto ciò che riguarda la sua indocilità. Ve lo raccomando quanto so e posso. Prego Iddio che corrisponda la cosa ai voti nostri comuni. Targa vi saluta; è da due giorni che esce di casa. Non parla però né di Padova né di Venezia; ma potrebbe essere che conosce nell'animo la disposizione, temendo di farle note agli amici poco persuasi che da lui si facesse cotal cimento. Salutatemi Floriano per parte di Luigi, che vi venera come si conviene. Amatemi. Addio Il vostro Manzoni
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1806-06-25
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Di Verona alli 25 giugno 1806 A[mico] C[aro] Ora che intendo che l'amico Silvetti è da voi assistito, sono assai contento, e mi pareva cosa assai stravagante che non avesse ascoltato le mie insinuazioni, e direi quasi li miei comandi che però io ne avea qualche dubbio, conoscendo l'indole poco docile dell'amico. Egli stesso mi ha scritto, ed è soddisfatiss[im]o della cura che gli prestate. Sento che vi pare aver scoperto del vizio nella milza e ciò sarebbe men male, se da essa si potesse suporre l'origine della febbre, e forse di natura periodica. Voi lo rilevarete in progresso, desiderando che la cosa sia veramente così. Ho significato ogni vostro dubbio, e progetto all'amico nostro ed egli approva tutto pienamente. Non ne faccio ulteriori raccomandazioni. Accettate li miei ringraziamenti, e quelli di mia moglie, che per mio mezzo vi riverisce unitamente a Luigi. Non lascio di ringraziarvi delle attenzioni prestate all'amico Gianella: ma punto fermo: io non voglio che le vostre attenzioni giungano fino a portarvi, e certo non senza vostro incomodo, alla ristretta sua abitazione. Siate contento ch'egli stesso qualche volta venga da voi e sia grazia gentile che voi lo riceviate colla solita vostra bontà. Targa vi m[a]nda per mio mezzo li suoi saluti e vi abbraccia. Verrà a Padova la nostra degnissima Dama Isotta Burri e questa si presenterà a voi con uno scritto del medico suo assistente il D[otto]r Basilea, che pochi giorni sono ha consultato l'amico nostro comune per la med[esi]ma ammalata s'io non mi inganno di mal cronico di polmone. Sono incaricato si dal Basilea che dal Targa di scrivervi ed avvertirvi che la Dama sud[dett]a è figlia di madre morta asmatica e ha anche una sorella morta di mal sottile. Queste due circostanze sono state ommesse nello scritto del medico curante e ciò perché lo scritto suddetto essendo ostensibile, avrebbe la Dama fornita di fantasia energica e viva potuto sconcertarsi. L'avviso è a voi di regola. Vi sono grato per tutto ciò che da voi si pratica e tenta al mio Silvetti, col quale non sono più in colera, dacché ho saputo che ha ascoltati ed eseguiti i consigli miei. Egli sarà certamente grato alle vostre attenzioni, come lo è meco, poiché mi dona di tempo in tempo qualche bel libro, e di non picciolo valore; né suol fare altrimenti al nostro Targa. Salutate Floriano a nome pure di Luigi. Qui il dì 26 si farà la pubblica vaccinazione dal D[otto]r Sacco venuto da Milano espressamente e il dì 27 si farà alla sinistra dell'Adige in cordis (?) et organo et in campanis bene sonantibus. Ma ciò che è vero si è che il vajolo naturale fà straggi ed è jeri morta di questo brutto male una bella giovane sposa di due mesi. De vaccinati non è ancora stato alcuno preso dal vajolo naturale, sebbene nella casa di questi sia ad alcuno nato il vajolo naturale. Ciò prova fino a questo punto che il veleno vajoloso è vinto e donato [sic] dal vajolo vaccino. Questa pubblica vaccinazione è stata eseguita in tutti i dipartimenti per ordine espresso del Ministro dell'Interno. Consta dalle note del D[otto]r Sacco essere stati vaccinati nel regno cinquecento mille individui, Io per altro se vengo a voi, leggerò volontieri la memoria della vaccinazione, di cui nella vostra lettera mi fate cenno. Vi abbraccio Addio Il vostro Manzoni
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1806-07-08
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Di Verona li 8 luglio 1806 A[mico] Il Moncolo [sic] (1) è appunto il chirurgo da voi a me raccomandato. Non so il di lui nome, e cognome, ma il saprò tra poco, e ve lo farò sapere perché scriviate ai due P. P. (2) di Bassano. Intanto vengo assicurato che sia andato a Brescia, ed a quella Pulizia sono già state fatte le dovute raccomandazioni, e forse pagarà il conto, e i due croccioni nelle forme dovute. La Signora Faccioli, di cui mi chiedete, è morta sono due mesi, di tisi polmonale [sic], ed è vissuta anche assai dopo mille errori di corpo e di animo. Se il suo marito l'ha trattata male, forse ha seguito il di lei esempio, e mi ricordo che fu da essa ferito in una coscia e non lievemente con colpo di coltello. Ma sia requie eterna alla povera donna, e più non si parli degli errori commessi. Luigi vi saluta, lo stesso fa il nostro comune amico, il quale conta la quarta giornata del levare di letto dopo la dimora continua di quattro e più mesi. Vi abbraccio. Addio il vostro Manzoni (1) forse il Monocolo di cui parla nelle lettere 43, 44 (2) Professori
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1806-07-15
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Di Verona alli 15 luglio 1806 A[mico] C[aro] L'amico mio Silvetti è da pochi giorni che ha incominciato la cura della china ec. è ciò perché ha dovuto o voluto portarsi in campagna per alcuni suoi affari, altrimenti avrebbe dato subito principio alla medicatura. Certa cosa è che egli ha sempre febbre picciola si, e quindi minore di quella che avea prima di venir a Padova, ma però febbre continua, ed ha un viso assai tristo e sparuto. Voglia l'iddio, che lo specifico faccia presa. Ei mi commise di riverirvi, e si riserva a scrivervi di proprio pugno facendo i suoi dovuti ringraziamenti, come faccio io vivamente, e nel tempo stesso per soddisfare in qualche guisa al debito suo non picciolo. La C[onte]ssa Burri sò che è venuta a Padova, che è ai bagni, e sò per parte di Basilea, che è restata di voi soddisfattiss[im]a e come potea esser altrimenti. Desidero che la brava ed ottima dama riacquisti la sua sanità preziosa si a lei che alla sua famiglia. Mille diavoli s'incrociano perché io non possa eseguire il mio proggetto di abbracciarvi in persona. Non dispero però di farlo tra non molto. L'amico nostro, che se la passa bene, vi saluta, la qual cosa fà il mio Luigi, e la mia amatiss[im]a sposa, che in singolar maniera vi ò obbligata per il suo Silvetti. Salutate Floriano in mio nome, e del figlio. Amatemi Addio Il vostro Manzoni
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1806-08-18
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Verona alli 18 di agosto 1806 A[mico] C[aro] Coll'occasione che viene a Padova il sig[nor] C. Bon vi restituisco la memoria vostra giudiciosiss[im]a fattami avere dal signor dr. Basilea. L'ho letta con molta soddisfazione e non può negarsi che i riflessi da voi fatti non abbiano un giusto peso, e valore; ed altr[o]n[de] io comprendo ciò, che si rispondirebbe dagli apostoli dell'opinione contraria. Qui tra noi dopo l'ultima generale vaccinazione si parla assai male dal popolo, e si vuole ad essa attribuire la morte di molti bambini e del loro mal essere osservato dopo l'inoculazione. Comunque però sia di queste generali lagnanze il fatto è che il vajolo naturale, che tra noi facea grandi straggi, e si diffondeva universalmente, in breviss[im]o spazio di tempo è stato soffocato ed estinto. Lascio ai dotti il fare in tal proposito le opportune riflessioni, e ciò che possa o debba da questo fatto dedursi. Non so dirvi quanto basta la mia sorpresa di questo dr Silvetti. Ma la cosa non andrà certo così. Non ho ad esso ancor fatto cenno di sua sordida negligenza, poiché è in circostanze assai disgustose oltre la malattia della sua sposa già fatta puerpera e singolarmente per la morte dell'unico suo graziosiss[im]o figlio. Ma moderato il dolore suo giustiss[im]o non passarò sotto silenzio nei modi propri e convenienti la neghitosa sua direzione, e lo farò rientrare nella via del dovere senza che voi giammai possiate esser temuto da esso per il reclamante. Luigi e la metà mia vi saluta. Ricordateci al bravo Floriano. Voi amatemi. Addio il vostro Manzoni
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1806-12-28
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Verona alli 28 dic. 1806 A[mico] C[aro] Ieri il sig[nor] D[otto]r Zoppi ha fatto sapere al figlio Luigi, che ad un bambino vaccinato, ed a cui secondo le regole venne il vajolo vero vaccino, dopo alcune febbri con vomito, starnuto ec., è venuto il vajolo naturale. Ecco la nuova prima sicura che possa darvi del nuovo metodo d'inoculare. Convien star in attenzione, ed osservare ciò che averrà degli altri vaccinati. Per mezzo del Sig. Bonuzzi dal mio parente ed amico Silvetti riceverete un paio de' nostri salami dall'aglio con bariletto di oliva conposta. Vi ringrazia e vi priega di scusare se con con [sic] qualche segno, sebben assai picciolo, tardi vi contesta di non essersi dimenticato de doveri suoi. Vi saluta la sposa sua e la mia metà, che sente per mezzo suo nipote Silvetti forse più tenerezza del marito suo, e non senza ragione, perché conosce per prova, che è marito stanco e vecchio. Io pure vi ringrazio per lui. Io scrivo che riceverete ec dal Sig. Bonuzzi, perché mi figuro che sarà in grado di portar seco questa picciola bagattella. Se mai non potesse, attenderò l'occasione. Questo stesso Sig. Bonuzzi è allievo di Luigi q [sic] vuole che lo raccomandi a voi, la qual cosa faccio con tutto il calore. Scrivetemi delle novità che sento esser nate in cotesta Università. Salutate Floriano. Targa vi saluta. Io vi abbraccio. Addio il vostro Manzoni
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1807-03-27
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Luogo di spedizione: s.l.
Note al luogo: Verona
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s.l. 27 marzo 1807 A[mico] C[aro] Sono pieno di desiderio de' fatti vostri, e del bravo vostro nipote Floriano. Se vi avanza senza vostro danno un quarto d'ora di tempo, datemene un qualche conto. Prima di tutto ditemi, se state bene; poi come ve la passate in questo non ancor finito inverno; come l'ha fatta Floriano alla sua anatomia, che certamente non può essere andata che bene, ma sopra tutto come sono andati i vostri appuntamenti e se siete per mala avventura ancora in parole. Ditemi anche se non vi è grave, se il primo cimento del sig. Sografi alla sua scuola di clinica chirurgica è riuscito bello, e se corrisponde il novello professore nella novella scuola, a cui egli non è avezzo. In somma non mi lasciate digiuno, e soddisfattemi sinceramente. Da noi fu letta una memoria assai bella nella Accademia di Padova, che fu poscia fatta pubblica colle stampe intorno un cervello osseo di un feto, sappiate che ho avuto anch'io un simile caso, che si può dir quasi eguale. Anzi la testa mostruosa è da me custodita, e la custodisco gelosamente. Mi è stato mosso un dubbio, che la protuberanza ossea, che occupa il luogo del cervello, sia l'osso basilare stranamente innalzato per error di natura. Io che di tali cose non ho cognizione alcuna, sono restato come suol dir su due piedi, ma mi parve troppo ardito il sospetto, e la congettura. Vi priego di dirmi il parer vostro. Perché poi, comunque sia, dove domine è andato il cervello, e come mai di lui nessun vestigio ho saputo trovare? Il povero mio parente ed amico Silvetti è morto di male cronico di petto rimastogli dopo una pleurite, che ei non volle affatto finire per la naturale sua intoleranza, e disprezzo dei mali. Mi duole la sua perdita; ma così dovea finire un'uomo strano di quella fatta. Ho saputo con mio ramarico la indegna ricompensa a tanti incomodi da voi per lui sofferti; ma non mi stupisco perché tal condotta da pitocco, sebbene fosse signore và affatto d'accordo col suo cervello stravagante. Intanto la sua sposa è stata beneficata assai largamente, perché erede universale d'una facoltà significante. Ho gusto: perché è una buona figliola, e spero che farà buon uso della sua fortuna. Salutate Floriano in mio nome, e del mio Luigi, il quale manda anche a voi i saluti li più cordiali. Targa ha passato l'inverno quasi sempre fuori di casa, ma è da pochi giorni si tristo e lurido che mi pare ogni momento di perderlo. È vecchio, ma non decrepito: ma gli fanno gran danni gli antichi mali degli intestini, e del rene ec. Questa mattina ho avuto con lui e con il dottor Zoppi un serio consulto; io era così distratto per il nostro comune amico che più tosto che attendere all'infermo in questione, cadevano le mie riflessioni sull'amico stesso. Vi protesto che ne sono assai afflitto. La marchesa Strozzi forse morirà questa notte. La Contessa Mosconi gli andrà dietro con comodo; ma morirà! Convien persuadersi che le piaghe cancherose dell'utero non ammettono rimedio. Vo dirvi infine che il Sografi, che è stato due volte a Verona per quest'ultima infelice donna, ha voluto ad ogni patto sentir una mia lezione; e si è fermato apposta per attender la giornata. Che domine di strana fantasia gli è mai venuta in capo? Ei dovea immaginarsi che io sono povero e meschino. Credeva egli di sentir Caldani, o altri a lui simili? Addio addio Il vostro Manzoni
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1807-06-06
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a c. 2v indirizzo: all'Illustrissimo ...Signor Leopoldo M. A. Caldani P[ubblico] P[rofessore] [P]rimario di medicina e di anatomia nell'Università di Padova
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Di Verona alli 6 di Giugno 1807 A[mico] C[aro] Vi priego a posta corrente di dirmi chiaramente, se avete mai esperimentati i fanghi aponesi (1) alla testa per effetti di dolore stordità di mente conseguenti a contusioni. Il Sig. General Pompei di Ba...(2) cadendo si è contuso il fronte ha perduto i sensi e dopo una cura ec gli è rimasto un dolore or più or meno grande al fronte stesso corrispondente all'occipite. Ha egli fatti molti rimedii per consiglio di J.Meriyh, di Valther (3), di Boyer di Parigi ma senza frutto. Vorrebbe tentar la cura dei fanghi doccia ec ma vorrebbe sapere se avete esempi consimili. Se ne avrete, verrà a Padova e si farà medicare. Non so per qual destino ho scritto due righe ancora, ma non ho avuta risposta. Vi priego. Addio Il nostro Manzoni (1) di Abano Terme (2) cfr. Ippolito Pindemonte. Lettere a Isabella (1784-1828) a cura di Gilberto Pizzamiglio, L. S. Olschki, 2000, n. 346, 454 (3) Walther, Augustin Friedrich (1688-1746) medico, Lipsia (oppure Konrad Ludwig-XVIII sec., NUC v. 647, p. 359 trattato sulle ossa in ted. ?)
Osservazioni
per l'abbreviazione cfr. indirizzo di lettera del Vallisnieri Aut. B. XXVI. 36: Giovan Battista Bianchi Pubblico Professore nell'Università di Torino
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1807-06-23
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Verona alli 23 giugno 1807 A[mico] C[aro] Io sono vivo e sano quanto basta, e non lascio per ciò di mangiare de'buoni meloni, e in abbondanza, i quali non mi fanno male allo stomaco, anzi gli digerisco assai bene, perché uso la prudente pratica di mangiarli col salame dall'aglio. Ditemi, battemo noi la stessa strada? Se si, fate assai bene, se nò, vi prego di farne prova, e restarete contento. Se siano quest'anno riusciti bene i salami del solito mio casolino, per quanto sa il mio palato giudicare, mi par che sì, sapiatemi dir voi pure il parer vostro. Salutate Floriano in mio nome, e di Luigi. Mi compiaccio di sentir le lodi universali, che gli si danno. Le merita veramente voi caro il mio Leopoldo avete una tenera soddisfazione nella di lui grandissima riuscita, opera tutta della diligenza e cura vostra. Una sola parola. Avete voi letta l'opera di Scarpa su gli aneurismi ? Datemi un cenno di essa, se vi sono cose nuove si rispetto alla dottrina, si rispetto alla pratica. Veramente, se si vuol per dottrina ancora quella che mi fu detta da alcuni, come sarebbe, che l'aneurisma è sempre falso, e che la suppurazione steatomatosa ec delle tonache della arteria è la cagione la più comune dell'aneurisma, io dico che è dottri[na] insegnata dal Morgagni, da Palletta ec. In somma datemi di ciò qualche idea. Vi abbraccio secondo il solito. Addio Il vostro Manzoni
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1807-08-21
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Note al carteggio
a c. 2v indirizzo: All'Illustrissimo Signor...Leopoldo M.A. Caldani P[rofessore] P[rimario] di medicina teorica e di anatomia nella Regia Università di Padova
Luogo
Luogo di spedizione: Verona
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Di Verona alli 21 agosto 1807 A[mico] C[aro] Convien credere ad ogni patto che nella coscia del nob. Vostro cliente non ci sia né frattura, né lussazione, perché mancano, come voi avete dottamente osservato, tutti i segni si dell'uno si dell'altro vizio e bisogna anche escludere ogni sospetto di fessura nella cavità cotiloide, la quale alcuna volta è purtroppo avvenuta nelle gravi contusioni del grande trocantere, allora specialmente che il collo non si rompe, onde è che il colpo non è interrotto, e si propaga fino nel sacco della articolazione del femore a produrre appunto grave contusione alle cartilagini, fessura dell'osso, strappo alcuna volta dell'intero legamento, perché il sig. infermo avrebbe dolori continui, né il suo incomodo si limitarebbe solamente a sentir dolore nell'atto della estensione dell'arto, ed a venir impedito l'officio della estensione. So benissimo che anche rotto l'interno ligamento o mancando in qualche modo, può l'uomo cam[m]inare, e s'io non fallo, mi avete significato per lettera a Palletta il caso di un uomo da voi notomizzato, cui mancavano tutti e due i legamenti tereti e nullameno quell'uomo vivente non aver mai avuta lesione alcuna negli officii delle coscie, ma quando io dico che per strappo del sud[detto] legamento può esser tolta la possibilità al camminare, io intendo di dire, che ciò adeviene per i successivi effetti d'infiammazione che suol sopravenire alle cartilagini, ai pericardij ec. Nel caso però del vostro cliente bisogna credere che il danno sia nato ad alcuni muscoli della coscia, e si sarà, come mi dite, forse lacerata qualche fibra nervosa, cagione appunto del dolore ancora esistente da si lungo tempo, e della impossibilità di fare la estensione dell'arco. Che se la cosa fosse così, non riuscendo la cura dei fanghi della doccia ec., sarebbe poi fuor di ragione il tentare la cura ammollitiva coprendo la coscia con grande empiastro di farina dei semi di lino cotta nel latte colla giunta di qualche grano di oppio crudo? A me non pare che si abbia ommettere questo tentativo, come non ommettersi l'altro in caso che vano fosse l'uso dell'enpiastro, di ungere la coscia offesa col balsamo antiparalitico di Fulvio Gherli. A noi certo è riuscito di restituire due volte il perduto officio del braccio in conseguenza di grave contusione del deltoide, dopo aver inutilmente provato tutto ciò che la medica prudenza ed il capriccio ha saputo suggerire. Ma basti del Sig. Tenente Marescialo, a cui desidero felice esito e per lui, e per voi ancora. Veniamo alla Catina Salerno. Vi ringrazio della premura, che vi siete preso di scrivermi e di dirmi il vostro sentimento. Mi compiaccio di sentire che a voi pure il grande tumor del ventre sembra essere la misura dell'utero ingrandita per infiltrazioni, ed ingrossamenti membranosi. Ma le vostre congetture si spingono più avanti, e si teme che nel cavo del viscere vi si annidi qualche cosa o nella apolipo o acqua o aria ec. Tutte cose che potrebbero esser vere purtroppo. Una sola confidenza a me resta che ciò forse non sia l'aver trovato il collo dell'utero in uno stato tale, che non suol trovarsi secondo la mia poca esperienza, quando in esso è contenuta una qualche qualunque siasi sostanza. Ad ogni modo non bisogna né tutto negare, né tutto affermare, perché si sono dati e si contano nella storia della medicina dei pesi estraordinari, che non si sarebbero mai immaginati. Di una Signora mi ricordo che nel settimo mese di supposta pregnezza dopo gravi e periculose perdite di sangue ha espulso un corpaccio che sembrava un'ammasso di idatidi. La Signora dopo lunga malattia, e più lunga convalescenza ancora è giunta ad uno stato di plausibile salute. La signora mi ha scritto, ed è molto contenta di voi, come lo deve essere certamente per ogni ragione. Vi rinnovo le mie raccomandazioni. Vi occludo un fogliettino da consegnare alla medesima. Vi priego di sapermi dire qualche cosa in seguito del Sig. Tenente Maresciallo. Mi spiace di Floriano, che l'avrei veduto volentieri in Verona. Vi abbraccio Addio Il vostro Manzoni
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per l'abbreviazione sciolta cfr. indirizzo di lettera del Vallisnieri Aut. B. XXVI. 36: Giovan Battista Bianchi Pubblico Professore nell'Università di Torino
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1807-09-18
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a c. 1v indirizzo: All'illustrissimo Signor ...Leopoldo M. A. Caldani P[rofessrore] P[rimario] di Medicina teorica e di anatomia nell'Università di Padova
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Luogo di spedizione: Verona
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Di Verona alli 18 7bre [180]7 A[mico] C[aro] Non ho fino ad ora risposto alla vostra lettera in data dei 29 del mese decorso, perché sono stato ammalato di febbre. L'ho però passata bene addonta che tra noi domini un genere di male esantematico, che ammazza quasi tutti gli infermi, ed allora singolarmente, che i medici dicono, che il male và meglio. Di questi funesti esempi ne habbiamo avuti parecchi. Se ciò che vi è sembrato di sentire rispetto al tumore della Sig. Cattina è propriamente vero mi consolo e colla signora e con voi, ed è lecito di sperare un'[sic] esito se non completo, tale però che potrà la Sig. non contentarsi male (?) della sua situazione. Salutatela in mio nome e della mia famiglia. Rispetto al Signor nostro ammalato forse io ho male inteso. Comprendo per che l'arto offeso non è atto ad agire, dovendo sopportare il peso del corpo. Ciò non dee far disperare di una sufficiente guarigione, e dico questo, perché anni sono ho assistito un prete che caduto sul fianco gli avvenne di perdere ogni ufficio di quell'arto, e sebbene potesse dopo tre mesi di letto movere liberamente la coscia e adducendola e deducendola facendo flessione ec. per molti e molti mesi non potè starvi sopra; il poté poscia fatti i fa[n]ghi, ma dopo lungo tempo dopo le fa[n]gature. Desidero che tale sia l'esito di cotesto vostro Signore. Salutate Floriano; ed accetto la sua parola di esser mio ospite. Accludo la carta richiestami, che gli consegne[re]te. Io zoppico per dolore in un piede, che mi affligeva prima di ammalarmi e vado peggio ogni giorni. Userò io pur le stampelle? Chi sà. Vedremo. State sano amatemi. Addio Il vostro Manzoni
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per l'abbreviazione sciolta cfr. indirizzo di lettera del Vallisnieri Aut. B. XXVI. 36: Giovan Battista Bianchi Pubblico Professore nell'Università di Torino
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1807-11-05
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a c. 2v indirizzo: all'illustrissimo Signor...Leopoldo M. A. Caldani P[rofessore] P[rimario] di medina teorica e di anatomia nella Regia Università di Padova
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Di Verona alli 5 9bre 1807 A[mico] C[aro] Ho tardato a rispondere alla vostra lettera, perché ho voluto informarmi con li medici più faccendieri, tra i quali il Sig. dottor Zoppi; ed ecco ciò che ho potuto da essi raccogliere. Due generi di febbri dominano tra noi da tre anni circa; cioè il tifo nervoso, e la miliare. Il tifo nervoso attacca indistintamente ogni età non esclusi i giovanetti, de quali non n'è morto alcuno per quanto si sa. Quasi in tutti gli affetti da tifo si manifestano le petecchie, e la massima parte perisce. Muoiono tutti quelli a quali fu tratto sangue. È male contagioso, perché è rarissimo che un solo della famiglia sia infetto. Degli assistenti si è perito più di uno. Ho veduto morire cinque in una sola famiglia ma povera, cui mancava el bisogno, alla pulitezza specialmente; e quattro in un'altra. Vario fu il metodo tenuto dai medici per curar questo male; sempre fu vano. Un medico fra gli altri diede da bere il vino quasi all'ubriachezza con esito infelice. La maggior parte de' medici si tenne agli alessi (1) farmaci. La febbre miliare incomincia coi segni e caratteri di un altro male, ora dell'artritide acuta, ora di catarro e reuma di petto, ora di pleuritide, ora di febbre periodica; ma in fine comparisce la miliare ora rossa ora cristallina, per il più cristallina. Molti sono i morti di miliare, e secondo il registro di sanità, che ho voluto vedere, ne muore un terzo. Poche sono le puerpere che siano andate esenti da questa febbre. La cura calefaciente si è osservata fatale. La cura semplice, antiflogistica è stata la migliore. Si contano più ammalati vicini a morire salvati con un salasso. Non vi è esempio che in una famiglia sia stato attaccato dalla miliare più che uno al contrario del tifo nervoso. In molti ammalati si è rinnovata l'espulsione fino la quarta volta; in alcuni altri si è fatta irregolarmente. Dicesi salvata una Signora (e vive veramente) cui si fece con fatali sintomi la terza espulsione, applicando de' drappi al ventre, alle coscie ec. inzuppati nell'acqua fredda. Singolare è che alcuni infermi, che parevano in sicuro, sono morti quasi improvvisamente. Sono stati presi per ciò da tal spavento alcuni medici, che par loro di veder sempre la miliare alla pelle e piangono morti i loro clienti. Ma questo è un eccesso che fa compassione, e da ridere. Io non so dire di più. Pare adesso che il male infurii meno. Voi avrete due raccomandazioni, vi prego di donare alla nostra amicizia. Per terza persona vi mando un'[sic] involtino che vi prego di fare avere al dottor Aglietti : in esso vi sono alcuni ritratti di Autori veronesi, del Zeviani , Torrelli , ec. Vi è un libretto della Contessa Verza (2), nel quale sono descritti alcuni suoi amici viventi letterati. Se volete leggerlo scioglierete l'involtino, che non vi spiacerà! Salutate Floriano a nome anche di Luigi, che voi pure saluta. Se non vi è discaro, ditemi qualche cosa della Signora Salerno che ancora non ho veduta. Amatemi Addio il vostro Manzoni (1) l'alessi farmaco sia di tal natura che non abbia punto punto ... dell'essicante, anzi abbia dell'umettante cfr. Dizionario della lingua italiana. Padova : nella Tipografia della Minerva, 1827-1830 ([Padova] : dalla Societa tipografica della Minerva), v., v. 7, p. 433 alla voce UMETTANTE (2) Verza Curtoni Guastaverza , Silvia pseud. Flaminda Caritea
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per l'abbreviazione sciolta cfr. indirizzo di lettera del Vallisnieri Aut. B. XXVI. 36: Giovan Battista Bianchi Pubblico Professore nell'Università di Torino
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1807-11-18
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Di Verona alli 18 9bre 1807 A[mico] C[aro] Vi mando il libretto della C[onte]ssa Verza, e i ritratti per Floriano, che aggradirete per mia ragione. Colla dama non ho ancora parlato, perché è in villa: farò gli uffici vostri alla sua venuta civilmente, e senza affettazione. Amatemi. Addio P. S. Mi dimenticavo di dirvi, che la migliare ha rispettato i bambini, e i giovanetti, e gli uomini di media (?) età. L'altrieri è morta di questo male una giovane maritata di fresco e gravida in cinque mesi. Fu tratto il feto col taglio cesareo, e dicono che era vivo. Domenica è stato da me il signor Salerno per chiedermi, se potea senza danno venir la Signora Cattina a Verona da Tomba (1), la quale trovasi in trista situazione anche per inquietezza d'animo; né io seppi che rispondere non sapendo del suo incomodo niente affatto. Mi spiace della sorella vostra; e veramente c'è molto a temere. Io però tenterei di eccitare un po' la piaguccia col mondificativo del Nannoni. Ho un' [sic] esempio di tardiss[im]a cicatrice che poi si ottenne con questo mezzo. Non facciavi caso, se dall'uso di questo unguento ne viene sangue, e sembri la piaga soffrirne molto, poiché la sera coprendo la piaga stessa con tela asciutta e il giorno dopo ancora, tutto ritorna a dovere. Quindi il modificativo si replica di tempo in tempo. Mi ricordo, che una volta mi scriveste esservi pervenute le poesie dell'abate Du... ma a me è ignoto chi ne fece la spedizione. Mai mi chiedeste dell'amico nostro Targa. Vo dirvi ch'egli è bello, sano quanto basta, e che è dietro a copiare il suo Celso per darlo alle stampe (2) , e mi pare che sia ben avanti. Non fà più il medico; ma è consultato, non volendo prendersi la briga di far visite ed assidua assistenza ad ammalati. Oh ci manca un grande uomo! Né vego chi lo rimpiazzi. I novelli giovani sono tutti dello stesso genio. Tendono alla galanteria, e della medicina loro basta sapere poche cose di Brown. Luigi saluta voi e Floriano, come faccio io con ampiezza di cuore. Addio (1) in provincia di Udine (2) Leonardo Targa <1730-1815> cfr. Storia della cultura veneta. Il Settecento, Vicenza, Neri Pozza, 1985, v., v. 5 pt. 1°, p. 233
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1808-05-01
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a c. 2v indirizzo All'Illustrissimo Signor ...Leopoldo M. A. Caldani P[rofessore] P[rimario] di medicina teorica e di anatomia nella Regia Università di Padova
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Verona il p[rim]o di magio 1808 A[mico] C[aro] Desidero che l'esito corrisponda alla bravura laudevoliss[im]a della buona vostra sorella. Mi sorprese il sentire, che si abbiano dovuto legare otto arterie dilatate. Nei molti casi che ho dovuto trattare ed operare, tranne che due volte, mai ho fatto legature di arterie. Sonsis mai ebbe bisogno di questi mezzi. Vi priego di sapermi dire l'andamento del male, che io desidero felice. Il D[otto]r Morgante mi ha data commissione di scrivervi, che gli esemplari della vostra operetta gli dirigiate a me; ed io li farò a lui tenere prontamente. Un Signor di abito di corpo più tosto pingue ha sofferta l'emiplegia; e gli è rimasta una lieve paralisi dell'arto destro superiore. Chiedo a voi se vi sembrasse opportuno alla vegnente stagione l'uso delle terme e de fanghi; se fosse anche opportuno un cauterio, o la pratica del circolato di vipera. Il medico Licatelli [ma Locatelli] (1) di Milano non abbraccia al vero di questi mezzi, come stimolanti ed irritanti. Loda, anzi fa pratica dell'estratto d'aconito alla dose di un grano e mezzo, ed alla parte paralitica l'alcale volatile. Desidero il vostro riputato parere. Targa vi saluta, io e Luigi vi abbracciamo di cuore. Amatemi. Addio il vostro Manzoni (1) cfr. Almanacco reale del Regno d'Italia. 1808, p. 409 Giacomo Locatelli medico ordinario presso l'Ospedale maggiore. (Per 453)
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per l'abbreviazione sciolta cfr. indirizzo di lettera del Vallisnieri Aut. B. XXVI. 36: Giovan Battista Bianchi Pubblico Professore nell'Università di Torino
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1808-05-14
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Verona alli 14 mag[ggi]o 1808 A[mico] C[aro] Dal Sig. Bevilacqua ho ricevuto l'invulto e i dodici esemplari sei de'quali farò tenere al sig. dottor Morgante coll'avvertimento da voi indicatomi. De' miei sei esemplari ne ho due ancora da esitare, e quando io li abbia esitati tutti, per mano amica e più sicura di quella del Sig. Parisi, vi farò avere il danaro. La contessa Orti fa li bagni, ma soffre grandissima debolezza: la quale se sia cagionata da i bagni o no non si sa giudicare. La m[e]d[esim]a ha sofferti da che è venuta da Padova due assalti ma lievi de' suoi dolori. Ma non è quanto basta ancora fatto da sperar vantaggi cospicui. Vi priego de volermi dire se addonta del lagnare che sente, debba essa continuare le bagnature. L'istrumento di cui mi fate la descrizione, se non erro, è la cosiddetta tenacula di Bell da me non una sola volta adoperata, e da Luigi nelle molte occasioni che ha avute di amputar membri, quando era Chirurgo Magg[io]re dell'Ospital francese in Verona. È un' [sic] istrumento comodo, quando l'arteria si ritira per spasmo tra le due ossa amputando la gamba. Sapiatemi dire della sorella. Targa vi saluta, e vi ringrazia. Luigi mi commette di dirvi mille cose per lui; Amatemi Addio Il vostro Manzoni
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1808-06-09
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Verona lì 9 g[iug]no 1808 A[mico] C[aro] Ho consegnati al P. Lettore Leon Benedettin dodieci Veneti 19 (1), che mi sono stati consegnati dal Sig. D[otto]r Morgante per li sei esemplari di semiotica, che ho a lui mandati per vostra ragione. Mai mi avete scritto della vostra sorella, le di cui nuove m'interessano. Dunque v'impegno a mandarmi due righe sul proposito, che ne saranno graditisi[im]e. Io sto bene, Luigi benissimo lavora come una bestia, ma con poco utile, perché non v'è più valuta. Pazienza! Si vivrà come si potrà. Ciò a me poco cale. M'inquieta moltissimo il mio secondo genito, che ha voluto ad ogni patto correre la via militare. Che domine di vocazione l'ha mai tentato! Tutti deggiono aver qualche diavolo. Per me questo è massimo. La dama Sarego viene a Padova, e voi sarete il suo esculapio. L'utero è sano; e se vi ha qualche sconcio è all'ovaia. Forse un qualche uovo ha bisogno di esse[re] spezzato da pene vegeto e attivo. Quello del marito è tutt'altro. Basta. Vi abbraccio. Addio Nota manus (1)Pezzo da soldi dieci cfr. Almanacco reale del Regno d'Italia 1808, p. 455 (Per. 453)
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1808-07-24
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a c. 2v indirizzo Al Chiarissimo Signor...Signor Leopoldo M. A. Caldani P[rofessore] P[rimario] di medicina teorica e di anatomia nella Regia Università di Padova
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Di Verona alli 24 luglio 1808 A[mico] C[aro] Alla pregiatissima vostra dei 19 corrente manca un pezzo assai interessante, che riguarda l'articolo Signora Cattina Salerno; articolo che vi è sfuggito forse perché molti erano gli oggetti della mia lettera, a quali avete puntualmente risposto. Io vi dicea di questa signora molte cose intorno il suo male, e specialmente intorno alla durezza, che ora rimane sensibilissima verso la regione ipocondriaca, che a me pare del fegato, né so sentire col tatto mio l'altra durezza, che dall'alto del ventre discendeva in basso alla picciola pelvi, e fu da tutti creduta durezza di utero. Vi dicea inoltre, che alla med[esi]ma Signora va intumidendosi il ventre, ma che ciò non essendo costante, fece credere essere effetto di aria sviluppatasi negli intestini; vi dicea finalmente, essere stata la sud[detta] signora attaccata da grave insulto di mancamento di respiro affatto simile agli asmatici, il qual insulto lasciò per molti giorni della tosse umida, e qualche oppressione di respiro. Alle cose sopraddette aggiungo adesso, che in questi ultimi giorni sono nati dei dolori di ventre, ed è appunto in questi stessi giorni che io rimarco una costante tumidità di ventre significante, il quale da me delicatamente percosso colla mano, alla altra mano applicata nella opposta parte del ventre risponde un muto suono quasi ci fosse dell'umore effuso; muto suono da me rimarcato in donne che si relevò poscia col fatto, esserci un fluido crasso raccolto in una cisti, quella cioè che costituisce l'idrope saccato . È anche da notarsi (cosa assai significante) che da molto tempo le orine scarseggiano, e le poche che vengono espulse, sono torbide, e giumentose. Avea stabilito per consiglio del medico Rivanelli, e mio pure, che tentasse l'inferma anche quest'anno le fangature, ed è per questo che io vi avea pregato che ricercaste al Biasi vostro cameriere se per la metà del venturo mese avesse egli camare in libertà, e se si, me ne daste avviso per lettera. Ma ora che sono insorte cotali novità, chiedo anche a voi, se nel supposto di vera effusione o libera nel ventre o raccolta in cisti fosse lecito cimentare il viaggio, e la cura dei fanghi, come erasi stabilito. Vi priego darmi risposta. La contessa Orti non è ancora rimpatriata. Vi dico solo che il chirurgo Bevilacqua, fu mio allievo, ed amico di cotesta signora mi fece la confidenza dal vivo, e so essere il med[esim]o incaricato di rintracciar del migliore della Valpolicella, e so anche che ne sarà spedita di questo una buona misura. Della Contessa Serego che ha avuto la sfortuna di ribaltarsi ma che non si fece male vò dirvi che vi è grata, ed è di voi contenta. Leggete male dovete leggere in vece del " non ho trovato di che vedere" , come vi parve che fosse scritto, "non ho trovato di che redire", così è tolto l'equivoco. Anche il veleno venereo non penetra, ove intera è la cute, ma si sa essere questo penetrato in chi avea rotto il comune tegumento, ed esser nata la lue venerea, de' quali esempi ne ho veduto uno in un chirurgo nostro veronese, il quale rimase infetto facendo un'operazione ostetricia, poiché avea nel dito indice della destra mano una lieve scalfitura; e fu quello il luogo ove si fece vedere al povero chirurgo un vero porro, da cui nacquero poscia mille altri malori. Non potrebbe essere così anche del cancro? Io so certo che l'orribile male da me sofferto l'anno 1794 in un dito, che i[o] punsi accidentalmente coll'arzignone (1) della fiubba [ma fibbia] della scarpa, e che in quei giorni ebbi a trattare una donna, cui sortiva dal seno cancheroso assai sangue, parve che avesse origine da umore cancheroso introdotto nella ferita mia. In fatti il dito avea la vera sembianza di fungo maligno, e i dolori sofferti erano simili a quelli che dicono sentire le donne affette da cancro. In seguito mi si gonfiavano ed infuoscirorono le ghiandole del collo, e della mascella inferiore, mi nacquero piaghe maligne alla testa, e tra le dita dei piedi, e mi volle un'anno [sic] di assidua cura a liberarmi da tanti mali. Ecco come a me nacque il dubbio di veleno cancheroso introdotto e la ragione della mia inchiesta. Dite assai bene intorno al titolo novae observationes è meglio dire aliae observationes . Non posso usar delle sigle, perché mancano nel primo mio libro. Vi raccomando la Signora Morando mia amica, ed amica di un mio amiciss[imo] la quale vi prego di salutare. Quel suo prolasso non è meglio sostenuto che dal suo pesario. Scarpa avea tentato altro mezzo, ma inutilmente. Non riesce male la injezione alla posca (2) da me suggerita, e forse potrà essere utile l'alume, di cui mi fate cenno. Ciò che a me sempre è riuscito inutile anche nei piccoli prolassi è il freddo semicupio, il quale in donne dilicatiss[im]e ha apportato anche del danno, col evittare un'indolenzimento [sic] reumatico. Farò al suo ritorno la scarificazione, metodo da me sempre usato felicemente, e sicuramente, del qual metodo ho fatta parola in quelle mie osservazioni patologiche con qualche riflesso affatto simile a quello che mi accennate nella cara vostra. Fate le mie congratulazioni alla sorella vostra. Forse non potrà convenire la belladonna in donna per l'età sua non più bella. Il Targa e Luigi meco vi mandano mille saluti. A nome mio, e a nome loro salutate Floriano, il bravo Floriano felice seguace del suo grande zio. Oh finiamola! Addio addio, vogliatemi bene e scusate le seccature Il vostro Manzoni (1) ardiglione cfr. Rigobello. Lessico dei dialetti del territorio veronese. Verona, 1998 (Cons. A 244) (2) posca miscela impiegata come medicamento antisettico e rinfrescante
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1808-08-09
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Di Verona alli 9 agosto 1808 A[mico] C[aro] La signora Salerno, che vi saluta cordialmente unitamente alle due sue figlie, non potrà essere a Padova che passati di uno o due giorni li 20 del corrente, se però non sopravengano alla med[esi]ma dei nuovi accidenti, che le impossibilitino il suo viaggio. Se attese le future feste trovarà l'albergo del Biasi occupato si fermerà per qualche giorno in casa particolare, per indi passare a S. Bernardino, disoccupato che sia l'aloggio. Essa arde di desiderio di venire a voi, e la fiducia che ella ha nella persona vostra e nella cura dei fanghi gli fa anticipatamente godere un quasi certo miglioramento a suoi mali. Mi spiace della sorella. Ma voi bravo nella presa risoluzione di demolire il tubercolo, e bruciare il fondo del male. Triplicate e quadruplicate operazioni furono tentate con fortuna da Dessault, e dal Cat, e se non erro, anche dal Palletta. Fate coraggio alla sorella col addurle i felici esempi. Salutate la signora Nina Morando. Gli astringenti locali usati per gradazione mi piacciono molto, e soprattutto il bianco d'uovo coll'alume credo. Mi piace medesimamente lo stesso bianco d'uovo, più tosto che la manteca che da essa si pratica per agevolare l'introduzione della palla. Io ho osservato il puzzo, che dall'uso degli untumi, ne viene. Ve la raccomando; sebbene è inutile al caso vostro tali raccomandazioni. La Orti continua a star bene; e vi saluta. È da qualche giorno che non vedo la C[onte]ssa Serego, ma so che stà bene, e so anche che niente ha sofferto la sua bianchiss[im]a mammella e ben consistente. Targa vi saluta assaiss[im]o Luigi vi abbraccia. Salutate a nostro nome Floriani[sic]. Vogliatemi bene Addio Il vostro Manzoni
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1808-09-01
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Di Verona il primo set. 1808 A[mico] C[aro] Viene a Padova il sig. Giuseppe Grandis nostro concittadino e mio grande, ma grande amico. Egli viene per oggetti di salute, trovandosi incomodato di tosse, rimastagli dopo aver sputato sangue parecchie volte. È da notarsi una circostanza, che il padre suo è perito di mal sottile dopo aver esso pure patiti gli sputi sanguigni. Io non ho voluto che da esso s'intrapendesse nessuna cura senza prima aver sentito il parer vostro, e cosa meglio a lui convenga di fare. Assistetelo amorevolmente non solamente perché è amico, ma perché è un ottimo giovane, sebbene sfortunato per la salute sua. La signora Morando è giunta in salute rimessa quanto basta. Ha incominciati li bagni freddi, e mostra esser contenta. Credo che vi scriverà ella stessa. A tempo opportuno scarificherò le tonsille, giacché io scorgo che ad ogni menoma cagione queste si alterano. La Contessa Orti è stata presa gravissimamente dai soliti suoi dolori, i quali sono cessati dopo un vomito significante di materia biliosa. Un medico nostro ultimamente consultato ha definito il male per affezione spasmodica. Del vino, per ciò che ho inteso dire dal signor Bevilacqua, non si farà la spedizione se non rinfrescato il tempo, essendo pericolo, che per il grande caldo vada a male. Vedremo l'esito. Desidero di sapere se la sorella vostra è stata operata; e se lo fù, come le cose procedano. Qui abbiamo una quantità di ammalati, gravissimi quasi tutti per migliare. I nostri medici delirano per il metodo da tenersi, e sono tutti discordi nell'opinione. Pochi giorni sono una giovane e forte Signora sogiacque all'esperimento dell'acqua fredda, ma infelicemente, poiché fu vittima del suo male in sei giorni di tempo. A me però parve che avesse la scarlatina non la migliare. Al proposito della migliare avrette [sic] letti gli scritti dei nostri medici; che ve ne parve? Voi daste il primate a quello di Basilea. Ma di quei scritti ve n'era uno che fosse almeno compatibile. Io pure ho la disgrazia di avere il secondo genito in casa ritornato dal suo Regimento ammalato gravemente di febre lento-nervosa. Come andrà a finire la cosa? Lo sa Iddio. Intanto ho il dispiacere non solo di veder il figlio ammalato, ma quasi disperata la madre sua, la quale gli porta un'amore [sic] straordinario. Dio la mandi buona a tutti. Targa è dietro colle male parole al suo Celso, e credo che tra pochi giorni darà principio alle grande opera. Vive, e vive sufficientemente bene; ma non cammina che pochiss[im]o. Sono pochi giorni, che si è sforzato a venire dalla Sig.ra Salerno, ma quasi si è dovuto fargli preparare la strada, perché riescisse più comoda, onde i fianchi di lui meno patissero per la scossa del legno. A questo proposito vo dirvi che la povera signora ha il ventre gonfio con edema degli arti inferiori, e specialmente del destro, quindi è perduta ogni sua speranza, che presa avea per le fangature. Mi ha ricordato più volte di salutarvi e di ringraziarvi. Orsù basta. Amatemi e credetemi quale vi fui e sarò sempre sincero amico Manzoni
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1809-07-29
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Di Verona ale 29 L[uglio] 1809 A[mico] C[aro] Due righe in fretta, così esigendo la ristrettezza del tempo. Malacarne se è arrivato da Padova, vi avrà consegnato due copie d'un mio libretto uscito alla luce in questi ultimi giorni. Da illi venia[m] : e ce la darete per la molta vostra amicizia verso di me. S'intende che una copia del sud[detto] è per Floriano, che saluterete. Non vi obbligo, né vi stuzzico a dir parere su la mia operetta, come volle da voi questo nostro niente civile Sig. Montagna, a cui avrei potuto dar la giusta risposta al suo impertinentiss[im]o ed infame falso libello. Ma io non mi degno di mischiarmi con questa razza di gente. Mi basta solo che mi doviate il solito compatimento. Accettate i saluti del mio Luigi, sempre grato al bene che gli mostraste. Vi priego di salutare la signora Nina Morando, ed assicuratela del mio aggradimento per la memoria che ha avuto di me. Ve la raccomando. Addio Il vostro Manzoni
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1809-12-07
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a c. 1v Al Chiarissimo Signor Leopoldo M. A. Caldani P[ubblico] P[rofessore] P[rimario] nella Regia Università di Padova
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Luogo di spedizione: Verona
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Di Verona 7 Xbre 1809 A[mico] C[aro] Mi spiace dell'accidente accadutovi mangiando una fetta di salame, e molto più mi dispiace, perché il dente forse non è più in caso di raddrizzarsi e di stabilirsi nel suo nido. Del casolino il fatto fu questo. A questo tempo prossimo al finire dell'anno, faccio il conto di famiglia, che non è stato supplito. Trovo per combinazione notati due salami dall'aglio, e scorgo, che sono gli spediti a voi, sono tre o quattro mesi a un dipresso. Scorgo l'errore. Sarà emendato. Satis de hoc . Sabbato parte da Verona la mia cliente: e tra noi non si finisce di dire di questo viaggio. Visite sopra visite di ogni condizion di persona, che vanno a far gli usati uffizi al partire. Si aspetta da Padova la decisione dell'affare, se sia cioè o no ammalata la mia cliente. Ciò il si vedrà appresso dopo gli esami, che saranno fatti dal Caldani e dal K.re. Egli certamente è uomo superior ad ogni altro, perché, così parla la fama tra noi, egli ha guarito molti mali dell'utero per gli altri incurabili. Che ha molto talento, e grande esperienza, come dicono molti, quale è quella del K.re, un colpo d'occhio può bastare alla conoscenza dei mali, ed a ben medicarli. Dio voglia che questa volta vega meglio di allora, che visitò la nostra povera Contessa Mosconi, alla quale e così ai domestici, promise sicura la guarigione. Quanto a ciò che mi chiedete della fattavi confidenza, rimetto tutto alla vostra prudenza. Gliene farete cenno al Sografi, se credete utile, che si sappia tutto. Vi abbraccio. Addio Il vostro Manzoni
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per l'abbreviazione sciolta cfr. indirizzo di lettera del Vallisnieri Aut. B. XXVI. 36: Giovan Battista Bianchi Pubblico Professore nell'Università di Torino
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1809-12-17
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lettera
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a c. 2v All'Illustrissimo Signor ... Leopoldo M. A. Caldani P[ubblico]P[rofessore] P[rimario] nella R. Università di Padova
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Luogo di spedizione: Verona
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Verona alli 17 Xbre 1809 A[mico] C[aro] Ho letta la vostra lettera cariss[im]a dei 12 corrente, dalla quale con mia somma sorpresa rilevo che il signor Professor Sografi colla esplorazione vaginale fatta alla signora contessa Martinetti ha ritrovata tutta altra cosa e ben diversa da quella che io riscontrai, cioè egli non trovò altro che l'utero abassato, ed obliquo, la cui bocca è aperta un po' sconciamente, ma che però la membrana che copre la bocca stessa ed il collo è affatto liscia, e che quella durezza picciola, che si sente al collo, non è dimostrato, né si può dire se sia viziosa o invincibile. Appena letta la esposizione delle cose ritrovate all'utero della mia signora cliente da cotesto professore io ho conchiuso tra me; se niente più si è trovato dei piccioliss[im]i disordini sopra accennati io sono improvvisamente diventato privo d'ogni senso del tatto; e quel che è peggio, cieco anche nell'intelletto; e conchiusi per ciò, che se non mi restasse un qualche dubbio, che si fosse potuto ingannare il P[professor]e di Padova, giacché in casi di questo genere, che sono moltissimi, finora non mi venne fatto di prendere sbaglio, io sarei dispostissimo da qui innanzi di rifiutarmi ad ogni qualunque esame di donne sospette di un qualche vizio negli organi della generazione, e farei inoltre una solenne protesta in faccia all'universo di essere diventato un grossissimo ignorantone. Ma che che sia di ciò, o fosse per essere, non farebbe il mio errore, che io mi congratulassi colla mia cliente della buona sua situazione di salute, poiché i vizi riscontrati dal Signor Sografi non sarebbero che piccioli nei da non calcolarsi, e da non farsene conto alcuno. Nullameno io ho fatto un riflesso ed è questo; se il sud[dett]o prof[essor]e non ha riscontrati che i succennati piccioli disordini all'utero, come mai ha egli istituito la cura dei bagni, della cicuta col croco, e del latte di somarella, il qual processo curativo, come è noto ad ognuno non suole usarsi se non nei casi di grande infarcimento o semplice o veramente maligno tendente allo scirro, ed al cancro; sapendosi d'altronde non essere giammai stato prescritto per l'abbassamento o obliquità dell'utero, e per la soverchia apertura della di lui bocca? Sarebbe questa una pratica affatto nuova, la quale non accordandosi colla sana ragione, avrebbe bisogno di fatti parecchi e sinceri, che in presente mancano alla patologia. Per questa ragione non sa acquetarsi la mente mia, e non sa credere che siano così semplici i risultati degli esami del Signor Sografi, quali mi vengono da voi affermati. E se mi si volesse dire che alla sola durezza del collo dell'utero è rivolta tal maniera di medicare, io avrei l'animo di rispondere a chichesia [sic], al certo non ben esercitato nell'arte dell'esplorare ostetricio, che la picciola durezza riscontrata dal Sig. Sografi è comune a tutte le donne che furono madri, la quale non esigge alcun genere di medicatura, potendosi dire in certo modo, essere questo lieve disordine alle med[esi]me pressoché naturale: onde è che ne cicuta né bagni né latte servirebbero a disciogliere queste innocenti congestioni. Ad ogni modo, tanta è la stima che io nutro per la mia cliente che desidero d'essermi ingannato, e che li miei sospetti sieno veramente fallaci. Ma se io mi sono sbagliato, si sbaglia certamente anche il Sografi nel metodo curativo da esso istruito, se le cose sono come si dicono e non vi sia sotto un qualche ancora non ben inteso mistero. Questa mattina ho ricevuto lettera dal marito della s[ud]d[etta] , il quale niente dicendomi direttamente del male, scrive però essere la inferma afflitta, ed esserlo esso pure per aver lasciati passare tre mesi senza far niente, nei quali si potea praticare la cura ora proposta per non incorrere "nel timore di un male invecchiato difficile a curarsi". Qui potest capere capiunt . Legasi la storia che vi ho trasmessa, e si vedrà se io sono stato colla mano alla cintola. Aver incominciata una tiritera sul cancro della matrice fattasi così frequente tra noi: ma sospendo ogni cosa, riservandomi a tempo migliore, e più opportuno. Si faccia fine a tante ciancie, delle quali sarete anojato. Vi ringrazio delle notizie datemi. Salutatemi Floriano a nome anche di Luigi. Targa vi ringrazia e saluta. Vi abbraccio. Addio il vostro Manzoni
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per l'abbreviazione sciolta cfr. indirizzo di lettera del Vallisnieri Aut. B. XXVI. 36: Giovan Battista Bianchi Pubblico Professore nell'Università di Torino
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1811-02-06
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a c. 2v indirizzo Al Chiarissimo Signor Pad[rone] Col[endissimo] Il Signor Leopoldo M.A. Caldani P[ubblico P[rofessore] P[rimario] di anatomia e di medicina teorica nella Università di Padova
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Verona, 6 feb. 1811 A[mico] C[aro] Nell'atto ch' io leggeva la vostra lettera mi sovvenne di un'[sic] opuscoletto publicato da un certo Riboli, chirurgo milanese, morto non è guari, sull'uso del fuoco considerato come presidio chirurgico, e mi sono immaginato che ivi potesse esserci cose da potervi soddisfare. Lo lessi nuovamente, ma in vano, perché di cancri ne verbum quidem. È noto che gli antichi parlano di fuoco dopo la recisione del cancro; basta leggere l'Acquapendente. Sculteto riporta una osservazione ed è la 52 di una mammella cancerosa recisa, a cui ei diede il fuoco, e per quanto pare con fortuna. I chirurghi moderni, per quanto è a mia cognizione, non parlano di combustione. Si hanno in essi esempi singolari, come è quello di Le Cat, di replicate recisioni di cancri rinati nella stessa parte. In una dissertazione sul cancro dell'utero di certo Gabriel Fristo francese trovo citato il celebre Pouteau, il quale assicura di aver usato con esito felice il cauterio attuale sopra tumori cancerosi. Io non possedo l'opera di questo autore; converrebbe leggerla. Mi pare che il caso della vostra sorella se non è nuovo rispetto al metodo di cauterizzare, almeno è rarissimo per la circostanza delle molte recidive, e per essere stato vinto il male alla fine col fuoco. E sarebbe questo caso ancora più singolare se si potesse dire non esservi differenza tra i cancri delle poppe e quelli della faccia, che si vogliono chiamare noli me tangere colla qual parola pare che vogliasi significare grado maggiore di male. Questi cancri alla faccia da me e da Luigi recisi e brucciati toglierebbero un qualche grado alla singolarità del cancro della sorella vostra. Restarebbe la singolarità per ciò solo, che da noi fu usato il taglio e il fuoco in cancro non recidivato, come fu il vostro. Mi ricercate se il fatto della sorella è degno di essere pubblicato. Ma voi sapete che un solo caso non basta; bisognarebbe che fosse convalidato con altri casi. Eccovi le poche cose che posso dirvi, e che mi ricordo così in fretta. Se troverò di meglio vel farò sapere. È morta quella povera sig Marianetti a voi nota. È stata fatta per ordine pubblico la sezione del cadavere, che fu da me ricusata per fuggire le chia[cche]re; delle quali se ne sono tra noi fatte senza misura. Dopo il suo ritorno da Padova non l'ho più veduta. Il mio peccato era l'avere il primo conosciuto il suo male. Ma essa è morta <”¦”¦”¦>(1) parlar di lor! Avete già ricevuto < ”¦”¦.>(2)Mille saluti a Floriano a mio [nome e di Luigi] Il vostro Manzoni. (1)(2) testo reso illeggibile da macchie sul foglio
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per l'abbreviazione sciolta cfr. indirizzo di lettera del Vallisnieri Aut. B. XXVI. 36: Giovan Battista Bianchi Pubblico Professore nell'Università di Torino
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1811-03-27
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a c. 1v indirizzo Al Chiarissimo Signor ...Leopoldo M.A. Caldani P[rofessore] P[rimario] di anatomia nella R. Università di Padova
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Verona 27 m[ar]zo 1811 A[mico] C[aro] Le vesciche che passano poscia in afte, nate alle labbra io non le ho mai curate coll'approssimazione del fuoco. Se sono in istato di vescica, o idratide che dir si voglia, le apro collo scalpello, e poi le tocco colla pietra lunare e guariscono prontamente. Se sono poi alla condizione di ulcera sporca e lurida, basta il solo tocco della pietra perché cessi quasi momentaneamente il dolore. Ieri ho tagliato una grossa idratide, e l'ho poscia toccata colla pietra, e mi tengo sicuro che pochi giorni basteranno a guarir totalmente. Ho abbrucciata un'ulcera maligna alla metà della lingua mandante molto sangue frequentemente, e massime nell'atto del mangiare. In pochi giorni è guarita. Floriano mi scrive che ha ricevuto 4 crocioni per mio conto, né sa il perché. Ditegli che questo denaro viene a voi per ordine della signora Morando, cui avete dato consiglio. Vi abbraccio Addio il vostro Manzoni
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per l'abbreviazione sciolta cfr. indirizzo di lettera del Vallisnieri Aut. B. XXVI. 36: Giovan Battista Bianchi Pubblico Professore nell'Università di Torino
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1811-04-19
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Verona 19 aprile 1811 A[mico] C[aro] Ho letta e considerata maturamente la vostra Memoria, la quale mi è piaciuta assai; e vi dico da buon amico, per quanto io ne sento, non esiterei un momento a leggerla nella nostra adunanza e darla anche alle stampe. Voi volete che senza complimenti faccia alla med[esi]ma le anotazioni, che mi sembrano necessarie; ma io non ho trovati che alcuni nei, se pur son tali; e sono li seguenti. Al n. 7 voi disprovate troppo ampiamente la pomata dei semi freddi. Ma io posso assicurarvi che non solo in alcuni mali della pelle, ma in alcune croniche ottalmie, ove facilmente s'incollano le pal[pe]bre, si usa tra noi con grande utilità: Ciò forse sarà perché da nostri speziali si prepara con maggior diligenza e vi si mettono tutti gl'ingredienti necessari. Per modo di esempio oltre quelli da noi accennati, vi aggiungono anche l'olio dei semi freddi e quello di been. È certo che nelle croniche ottalmie, ungendo le palpebre delicatamente, e non incollandosi la notte, la ottalmia suol migliorare. n. 45. L'approssimazione de' carboni accesi alla ferita rimasta dopo la demolizione di una porzione, o di tutta la poppa non sembra da abbracciarsi per alcune ragioni; perché volendo distruggere col calore i germi cancerosi che fossero per accidente rimasti nella parte operata, vi vuole troppo tempo non permesso in una operazione ove bisogna pensare a fermar il sangue che suol uscire da una ampia ferita, ed ove per quiete dell'inferma e degli astanti importa molto l'applicar l'apparecchio, e metter tutto in quiete. Molto più che approssimando il fuoco può sbigottirsi l'inferma stessa, che teme sempre che tutto si faccia a suo magg[io]r danno. Ne' piccioli cancri ove la attual combustione si fa in un batter d'occhio, và meglio prescieglierla all'approssimamento de' carboni accesi. Tali sono appunto quelli detti noli me tangere , de' quali io e il figlio abbiamo avuti molti felici esempi. Cotal metodo pare che si possa praticare né tumori scirrosi innanzi di venir alla demolizione, o enucleazione. Mi sovviene di aver inteso dalla viva voce del Sig. Fran[ces]co Pajola aver esso fatta con questo metodo una cura bellissima in un sarcocche, da cui era ammalato un figlio del Bassà ( ma Pascià?) di Scutari, ch'ei non potè operare stante che avea l'indurimento anche del funicolo spermatico. Disse il sud[detto] Prof che il testicolo divenne molle pastoso; e fatto un taglio, poiché divenne il testicolo suppurato, l'infermo ottenne una perfetta guarigione. Alle sud[dette] cose aggiungerei che i carboni accesi forse non saranno bastanti a riparare i danni che venir potrebbero dall'aria, che tocca la parte tagliata. Voi farete alle sud[dette] mie considerazioni i riflessi che vi sembreranno opportuni. n. 47 Per mitigar il senso molestiss[im]o lasciato dal fuoco non ho trovato meglior mezzo che quello d'applicar immediatamente su la ferita una o più plagelle di fila ben spalmate colla mantecca di rosa di Mesue purché non sia rancida, come è il più delle volte per la negligenza ed imperizia de' nostri speziali. Qui tra noi si trova presso che sempre candida e sana a forza di strepitare. Di questa pomata io ne faccio grandissimo uso, ed è forse l'unico degli unguenti da me praticati. Non ho niente da dire di più. Voi vedete che non ho detto male, che non vi sono nella vostra memoria che dei piccioli nei. Ripeto di nuovo è bella chiara ben dedotta. E l'uso del fuoco può essere pel mezzo vostro restituito alla pratica da cui fu tolto, non so perché. Vi avverto che non è Riboldi ma Riboli il nome del chirurgo milanese autore del libretto su l'uso del fuoco. Avrò io spero l'opera del Puteam (?), che da tanto tempo desidero di leggere. Mille saluti a voi e a Floriano in mio nome e di Luigi. Addio
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1811-05-12
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Di Verona alli 12 mag[gio] 1811 A[mico] C[aro] Ecco quel poco che io so della gastrotomia praticata nella passione iliaca. Il Sauvages parla dell'operazione, che dicesi praticata a una baronessa de Landi per il calcolo con felice successo. Nannoni però crede che non la gastrotomia, ma la erniotomia sia stata fatta a cotesta dama. È necessario che leggiate il trattato delle materie chirurgiche del prof fiorentino tomo 2do e troverete di che soddisfarvi. Leggerete che Prossagora apriva l'addomine nella passione iliaca. Ciò troverete scritto anche nella prefazione premessa al tomo primo del trattato delle operazioni di chirurgia del Bertrandi. Non si sa se all'uopo vostro potesse servire la gastrotomia fatta ai bambini nati coll'ano imperforato; operazione descritta nel tomo primo della medicina operatoria di Sabatier. Io ho trovato in un cadavere la invaginazione dell'intestino ileo in due luoghi, il quale era morto di tutt'altro male che di calcolo. Di queste cognizione alcune le debbo al sig. d[otto]r Sartori, che viene a voi; ciò sia detto a gloria della verità. La signora Nina Morando stà bene quanto basta. Vi ringrazia, e vi saluta. Da un giorno all'altro prenderà un po' di acque acidule, e poi verrà nelle vostre braccia. Ma adaggio: fuori di equivoco. Verrà a farsi curare da voi. So che è Signora che non vi dispiace, quindi le userete le solite vostre attenzioni. Luigi saluta voi e Floriano, come faccio io stesso. Amatemi e credetemi il vostro amico Manzoni
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1811-06-14
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Verona 14 giugno 1811 A[mico] C[aro] Della gastrotomia non so dir meglio di ciò che ho scritto. Non ho avuto appresso né tempo né voglia di far nuove ricerche e ciò per una disgrazia avvenutami della morte repentina della ottima moglie mia, che io non lasciarò di ricordar sempre alle lacrime le più affettuose, perché era una donna degna veramente di essere amata e stimata per la religion sua e somma carità. Se trovarò sul noto argomento qualche cosa di buono, non lasciarò di farvelo sapere con breve lettera, e nota sottiliss[im]a. Salutate Floriano a mio nome e di Luigi, che meco vi abbraccia con tutta l'anima. Addio Il vostro amico vero A[ntoni]o Manzoni
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1811-06-23
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a c. 1v Al Chiarissimo Signor...Leopoldo M.A. Caldani P[ubblico] P[rofessore] P[rimario] nella Università di Padova
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Verona, 23 giugno 1811 A[mico] C[aro] Non posso rispondere quanto vorrei agli affettuosi sentimenti mostratimi colla cariss[im]a vostra dei 16 corrente. Vi sono assai grato e mi compiaccio il sentire el compatimento che voi date per vostra esperienza al mio grave dolore. È cosa dura; mi convien acquietarsi nei voleri di Dio. Ciò che mi consola si è che la mia povera moglie era buona e caritatevole in sommo grado, ed io spero che il Signore avrà avuta misericordia di lei. Salutate Floriano in mio nome e dei miei figli afflittiss[im]i. Fatemi grazia di sapermi dire sollecitamente, se il vostro camerier Biasi per sorte ha comodo di alloggiare la signora m[arches]a Fumanelli, che dee venir a Padova a far i fanghi per restituire l'ufficio della mano che ha assai patito in una grave distorsione. Amarei sapere nel tempo stesso, se vi sarà persona che farà assistenza a questa operazione di fanghi, e doccia che a me pare opportuna. Non vi sia grave il saperne dire positivamente; avendo la Dama determinato di venire ai primi del luglio venturo. Mille abbracciamenti. Addio Il vostro A. Manzoni
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per l'abbreviazione sciolta cfr. indirizzo di lettera del Vallisnieri Aut. B. XXVI. 36: Giovan Battista Bianchi Pubblico Professore nell'Università di Torino
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1811-07-21
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Verona 21 luglio 1811 A[mico] C[aro] La Signora C[onte]ssa Arighi nata Miniscalchi ha bisogno della vostra assistenza. Ella viene a Padova con una sua bambina ammalata di paralisi nell'arto sinistro inferiore, successa ad acuta malattia. Si vuole tentare coteste fangature. Si avrebbe avuto meglio di far questa cura, mitigato il presente eccessivo caldo, e ristabilita la picciola inferma dalla tosse pagana (1) da cui è afflitta da qualche giorno. Ma si dovesse cedere ad alcune circostanze, che qui è inutile di dire. Prestatevi, vi priego, secondo il bisogno, e secondo quello che crederete meglio doversi fare. Anche la nob[ile] genitrice patisce da molto tempo recurrenti isteralgie, senza però che siasi sospetto alcuno per li fatti, e replicati esami del male all'orifizio o al collo dell'utero. Mi ha fatto ricerca se coteste terme e fanghi potrebbero essere al caso suo. Io non ho saputo darvi il mio voto anche per ciò che avendo fatte le bagnature domestiche in questi ultimi giorni, si trova in istato il più perfetto di sazietà. Voi intendete cosa io voglia dedurre dal beneficio avuto dalla Dama dai bagni dolci: Voi però direte, e farete quello che vi suggerirà la vostra pratica. L'oculista continua ad operare per dritto e per rovescio, e dice che tutto va bene. Ma io [so] da canali sicuri che la cosa va tutta al rovescio. Vedremo tutto nitidamente a suo tempo. Il Professore invita alle sue operazioni i flebotomi della Città. Né io né Luigi siamo giamai stati invitati. Continua a promettere al mio amico Busso che gli darà la vista; e non fa caso alcuno del parere a lui contrario del Scarpa. Anzi desidera di operare per fargliela vedere. Ogni di più vado verificando come fu bene da voi caraterizzato. Sento in questo momento che il Prof[essore] ha fatto due sbocchi di sangue veementi. Se ciò è vero, me ne dispiace. Ma non vorrei che ci fosse sotto questo male la cabala; e servisse di pretesto la malattia per diffendersi dalle accuse che gli fossero fatte del cattivo esito delle sue operazioni perché fu passata la cura in altra mano. Da cotal razza di gente convien tutto aspettarsi. Salutate Floriano in mio nome, e di Luigi, che meco vi abbraccia cordialmente. Addio Il vostro Manzoni (1) pertosse
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1811-09-17
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a c. 2v indirizzo al Chiarissimo Signor ...Leopoldo M. A. Caldani P[ubblico] P[rimario] P[rofessore] di medicina teorica e di anatomia nella Università di Padova
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Verona alli 17 set. 1811 A[mico] C[aro] Per mio consiglio e del D[otto]r Basilea e del D[otto]r Fiorini viene a Padova il sig. Pietro Simeoni ammalato da molti mesi di oscuro e strano male per mettersi sotto la vostra cura colla fiducia, che cogli ajuti, che prestate all'infermo possa terminare la fastidiosiss[im]a sua malattia. Forse il dottor Fiorini o il Basilea avrà munito l'infermo della storia del male; ma sul dubbio che questa non fosse data, ve ne faccio io un qualche cenno, potendo voi intendere dall'infermo stesso una storia un po' più detagliata, non avendo io che tre o quattro volte fatta visita alla parte ammalata. Piacque a me e al Basilea, ch'egli venisse sotto la vostra cura, avendo voi di un male consimile assistito in Padova l'Arciprete Capobianco, prete assai voluminoso, il quale ottenne la guarigione perfetta coi fanghi, e le acque della Vergine (1), ed appresso colla cicuta. Al sud[dett]o Sig. Simeoni dopo lungo viaggio fatto nelle parti più settentrionali della Germania e per mare e per terra, restò sconcertata la sua salute. Nel marzo di quest'anno e credo ai primi del mese, gli nacque un acerbo dolore alla region dello stomaco, pel quale quei rimedij sieno stati usati non saprei dire, essendo rinato il dolore di tempo in tempo, e non restando mai la parte esente di risentimento doloroso. Una circostanza è rimarcabile, circostanza non notata nel sunominato Capobianco, che nel nascere e nell'aumentarsi il dolore, nasce all'infermo il tenesmo all'ano, ed un prurito da scaricar il ventre, come lo scarica di fatto, di feccie sciolte, biliose, fetenti. Calmanti, ammollienti, olii di ogni genere, clisteri, cassie, polpe di tamar[in]di, acque del termio ?(2), bagni generali, sanguisughe, salassi sono stati posti in pratica, ma tutto inutilmente; e così pure gli antielmintici (3) di varia specie. Due mesi sono, chiamato a visitare l'infermo, esaminai la cardia, ove toccando, e per poco profondando il tatto, sopra tutto verso la cartilagine mucronnea (?) (4) risentiva quella parte dolor molesto ed esattamente palpeggiando, mi parve di sentire una congestione posta tra lo stomaco e il lato sinistro del belico, che più non riconobbi nelle tre o quattro visite successive. Quello che rimase in quel luogo costante è il dolore. Qui non è da omettere, come è da pensare, che una serie svariata di rimedi locali creduti atti a calmare il dolore, sono stati posti in uso nel lungo tempo da che è afflitto questo s[ud]d[etto]. Non passo sotto silenzio, che, saranno quindici giorni, nell'atto del dolore avendo scaricato il ventre, si osservò nelle feccie una materia cegnerognola avente la forma di marcia, ma forse potea essere muco disfatto e del retto o degli intestini superiori. Il fatto è che da quel punto parve che cessasse il male affatto, perché allo stomaco non restò ne meno il solito risentimento di dolore. Nullameno il mal ricomparve, e non fù che effimera la guarigione. Il resto lo intenderete dall'infermo il quale è consigliato da me di portarsi ad aloggiare in casa del vostro Camerier Biasi, che io vi prego dirli, che usi del rigu[ar]do, e premure per questo signor mio amico. Ve lo raccomando. Egli è buono e ottimo negoziante e merita che abbia la fortuna del sunomato Capobianco. Luigi vi saluta, la qual cosa io faccio pure salvato dalla morte per misericordia di Iddio, cui piacque di lasciar al mondo ancor per poco questa misera creatura. Li nostri saluti a Floriano Addio Il vostro Manzoni (1) Acque della Vergine [di Monte Ortone] cfr. Storia della cultura veneta ,v. 5, pt. II, p.264 (2) termali (3) Elminto, verme (4) Mucrone, a punta
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Verona 11 dic. 1811 A[mico] C[aro] Il Sig. Simeoni è rimpatriato e dicesi che stà bene. Se ciò è vero, vuol dire, che li fanghi suggeriti in Verona hanno toccato il punto fosse poi o no male del fegato quello del sud[detto] Simeoni. Il Sografi dice di sé ed a Verona non si decide, ma i più savi dicono che dal Sografi il fegato non fu veduto. Se poi l'ammalato è perfettamente guarito così prestamente, dee far meraviglia stante che si volea che il male fosse in un viscere difficile a curarsi qual è il fegato. Io per altro avrei delle difficoltà a sottoscrivermi alla sentenza del Sografi. Vengo alla defunta Martinetti. Fu proposto dal Professore di Padova un enpiastro [sic] fatto col decotto di malva, e di farina di lino da introdursi nella vagina, come voi mi significaste con lettera dei 12 dic. 1809. Se poi sia stato o no praticato il sud[detto] enpiastro [sic] non mi è noto. Con altra lettera dei 22 dello stesso mese, mi replicate, che Sografi agli altri rimedi aggiunse l'enpiastro [sic] dentro la vulva, che "io non so" (così scrivete), "come ci si possa trattenere, se non ha qualche consistenza, che rassomigli un poco a quella del cazzo". Io non ho avuta occasione di veder Barbieri; ma forse di questo rimedio non se ne ricorderà, essendo uomo che a cotai cose non dà gran retta, e se lo sa, forse a me nol direbbe, perché nel caso di questa povera Signora si è meco comportato risenti[ti]ss[im]o e silenzioso. Un cenno di questa malattia lo vedrete forse tra poco e releverete la singolarità della m[e]d[esi]m[a] e certamente non fu ben conosciuta. Se però mi verrà occasione di veder Barbieri, farà a lui la bramata ricerca. Salutate Floriano a nome anche di Luigi e mio. State sano amatemi. Addio Il vostro Manzoni
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1804-03-31 (datata l'ultimo di quaresima; senza anno; l'anno si deduce dal testo, per il mese e il giorno cfr. A. Cappelli. Cronologia cronografia e calendario perpetuo. Milano, Hoepli, 1983, p. 56)
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Luogo di spedizione: Verona
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[1804 mar. 31] A[mico] Al dr. Barbieri, al quale ho significata la spedizione dei tre noti esemplari riuscì di sapere la persona che ebbe l'incarico di portare gli esemplari sud[detti] e questa mattina gli ho anche ricevuti. Vi ringrazia il dr. Matteo ed io pure vi ringrazio a nome anche del comune amico. Mi piacerebbe che ne volesse spedire alcune copie, e le dirigesse al sig. Bernardo Silvetti Verona Austriaca per risparmio del dazio, ed io vedrò di fare l'esito possibilmente, giacché pochi sono tra noi medici e chirurghi che si dilettano di studiare cose della loro arte. Io, Luigi stiamo bene, e lo stà quanto basta anche il dotto amico, e comincia da qualche giorno a farsi vedere tra gli uomini per qualche mezz'ora del giorno. Leggerò le memorie vostre (1) e serviranno a me di argomento per istruirmi come sempre faccio leggendo le bellissi[me] opere vostre. Desidero la vostra salute che sia costante né voi lascierete i mezzi per mantenerla. Amatemi Addio Il vostro Manzoni di Verona l'ultimo di quaresima (1) Memorie lette da L.M.C. nell'Accademia di Padova, pubblicate a Padova nel 1804.
Osservazioni
Dal 1801 feb-1805 Verona fu divisa in due parti: quella a destra dell'Adige sotto il controllo francese, quella a sinistra sotto il dominio austriaco. Fu riunificata sotto il dominio napoleonico con la pace di Presburgo (26 dic. 1805)
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Date
1808 (dopo la lettera n. 59 del 14 maggio, e prima della lettera n. 61 del 24 luglio)
Natura
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lettera
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Note al carteggio
a c. 1v indirizzo: Al Chiarissimo Signor...Leopoldo M.A. Caldani P[ubblico] P[rofessore] P[rimario] di medicina teorica e di anatomia nell'Università di Padova
Luogo
Luogo di spedizione: Verona
Argomento
[1808 prima del 24 luglio , dopo il 14 mag.] A[mico] C[aro] La Sig[no]ra Contessa Orti che è stata a Padova a consultarvi e fu da voi e Malacarne deciso consistere il male suo in affezione calcolosa dei reni, mi ha l'altrieri ricevuto, perché dicessi il qualque (?) parer mio intorno a certa durezza tumorosa situata sopra il belico la quale si estende con picciola dura coda nell'anulo ombelicale. Dopo aver fatti alcuni esami, e dopo aver osservato che questa durezza svanisce stando la S[ud]d[etta] distesa supina, e meglio trovasi tenendo compressa la parte tumorosa colla mia mano, non esitai punto a credere che il tumore non fosse l'ernia ex onfalo . Ciò che a me resta a sapere si è se questo male sia affatto indipendente dal vizio renale e non sia cagionato dagli sforzi del vomito che accadono allorché nasce il dolore, o forse i dolori e il vomito non siano causa dell'ernia ombelicale. Io penso di far la prova usando il riparo, se però sarà possibile farlo costruire in modo che sia portatile colla necessaria compressione. Se li sintomi sieno figli dell'ernia, più non torneranno per l'uso del riparo, ec. Targa Vi saluta ed è grato a vostri saluti. Luigi vi abbraccia, come io faccio. Il dr. Morgante domani sera avrà li sei esemplari. Attendo risposta Nota manus
Osservazioni
per l'abbreviazione sciolta cfr. indirizzo di lettera del Vallisnieri Aut. B. XXVI. 36: Giovan Battista Bianchi Pubblico Professore nell'Università di Torino
Mittente
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Date
1799-11-03 (datata il 3 novembre alle 5 di mattina)
Natura
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lettera
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Note al carteggio
a c. 2v indirizzo: All'Illustrissimo Signor Professor Colendissimo il Signor Leopoldo M.A. Caldani P[ubblico] P[rofessore] P[rimario] nell'Università di Padova
Luogo
Luogo di spedizione: Verona
Argomento
Di Ve[ro]na il 3 novembre alle cinque della mattina [1799] A[mico] C[aro] Non lasciai allora di maneggiare la cosa per mezzo del Sig. dr. Zoppi; ma siccome il giovane dottore pativa di terzana ostinata, non parve all'amico Zoppi, che quello fosse il momento di far parola. La fece poscia; ma non ebbe che delle risposte equivoche; e noi congieturammo che ci fosse nell'animo di lui una qualche prevenzione, molto più che a me non era ignoto come egli frequentava in una famiglia e si diceva anche che non la frequentava senza un qualche fine, la qual cosa e da suo zio e dalla madre era dissimulata, perciocché con questo venivasi a favorire l'oggetto della sorella di lui rispetto al matrimonio, di cui voi mi fate parola. Quando ho veduti in casa dell'arciprete ospiti il K.r Maggioni ed il Sig. D. Bentivegna ho tosto inteso, come da essi sarebbesi tentato questo dilicato affare, del quale però io non ne ho più saputo. Ora intendo come fu la cosa, ma da essa pur comprendo quali sono le intenzioni del giovane e dei suoi parenti. Nullameno ho pregato nuovamente l'amico Zoppi a fare dei tentativi, ma dalle risposte avute assai civili mi è forza conchiudere non doversi di lui far capitale alcuno. Ciò siami di regola per determinarmi a quelle deliberazioni che vi pareranno migliori rispetto ai soggetti, che mi acennate, desiderando una buona elezione, cotanto difficile in questi tempi calamitosi. Sono stato dall'amico Moschini e non l'ho trovato in casa; vi sono stato anche questa mattina. Ho lasciato in iscritto due righe, alle quali jeri sera assai tardi mi venne questa risposta. A[mico] C[arissim]o Mi riverisca dist[intament]e il deg[ni]ss[im]o Sig. Prof. Caldani, le dica che se egli col salame dall'aglio ha acceso la Beretta Cardinalizia, io non voglio esser complice del peccato, che in concambio mi impetri da S. Ecc.za eguale fortuna, il che sarebbe un miracolo, e che a momenti, se non mi ritorni la terzana, lo riverirò. Mi ami ec[ccetera]. Suo amico. Ora su questo anche inteso quanto basta. Io sto bene quanto basta, ma m'inquieta la disuria. Spero però bene. L'amico Targa vi abbraccia, e vive assai bene. Fa cure meravigliose e sempre più si fa grande il suo nome. Addio il vostro Manzoni
Osservazioni
per l'abbreviazione sciolta cfr. indirizzo di lettera del Vallisnieri Aut. B. XXVI. 36: Giovan Battista Bianchi Pubblico Professore nell'Università di Torino
Mittente
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Date
1799 (prima del 7 lug.; la data è desunta: cfr. lettera n. 18)
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lettera
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Note al carteggio
A c. 2v Al Chiarissimo Signor..Leopoldo M. A. Caldani P[ubblico] P[rofessore] P[rimario] di medicina teorica e di anatomia nell'Università di Padova
Luogo
Luogo di spedizione: Verona
Argomento
[1799 prima del 7 lug.] A[mico] C[aro] Un mio amico medico ha un suo figliolo allo studio di Bologna. Egli mi prega e mi scongiura di procurargli una qualche raccomandazione appresso uno dei migliori prof.ri medici di quella Università. Non ho saputo resistere alle sue istanze, molto più avendo con esso delle antiche obbligazioni. A voi non sarà impossibile aver colà a chi raccomandarlo. Io mi approfitto della vostra amicizia, e contando moltiss[im]o sopra di essa, non dispero questo favore da voi. Il nome del giovane è Pietro, Frinzi è il cognome. Come possa suo padre fargli capitare la lettera comendatizia, io nol so dire. Sò però, ch'egli è uomo assai accorto, e industrioso. Ha dovuto necessariamente mandar il figlio a quella università, essendo egli di un villaggio un dì veronese, passato indi alla Cisalpina, e ritornato adesso momentaneamente alla provincia veronese. Se potete farmi questo favore, vi sarò grato; e sapendo che voi siete il soggetto da me impegnato, vi sarà grato egli pure.. Vi accludo un quartino, che farete avere al comune amico Dr. Targa. Sto sempre in aspettazione di nuove provenienti dalla Toscana; non posso dirvi quanta sia la mia angustia. Io desidero che voi pure abbiate nuove di Bologna e se credete mandar lettera per mezzo di questo Sig. Frinzi, mandatela, che io sono certo, che sarà portata e consegnata puntualmente. Qui si hanno buone nuove, e veramente buone, se fossero vere anche solamente per metà. Desidero la vostra salute e la vostra quiete. Vi abbraccio. Addio il vostro Manzoni
Osservazioni
Prima dominazione austriaca (18 gen. 1798-1801 feb. Pace di Lunéville) In seguito al trattato di Campoformio il Veneto fino all'Adige venne ceduto da Napoleone all'Austria. Vennero ripristinate nelle province venete le autorità politico-amministrative come erano al 1° gen. 1796
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Date
1811 (la data si ricava dalla lettera n. 69 del 27 marzo 1811 "questo denaro viene a voi per ordine della signora Morando, cui avete dato consiglio")
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lettera
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Luogo di spedizione: Verona
Argomento
[1811] La signora Nina Morando da voi conosciutissima mi dà incombenza di salutarvi e di dirvi che volle essa più volte scrivervi ma che fu impedita essendo stata sempre sconcertata nella salute; ed è per ciò che desidera il vostro parere dietro le poche cose da me qui esposte intorno gl'incomodi che la molestano. Dopo la cura fatta a Padova si è trovata assai migliorata ma non affatto ristabilita, poiché andava soffrendo dei disturbi all'utero di peso, trafitture e riscaldo con flusso di fiori bianchi. Fu assai sconcertata la salute sua alla metà del passato ottobre per corso strabochevole dei mesi, probabilmente avendo ella assai faticato in campagna nel preparare la abitazione, e nei passeggi soverchiamente lunghi. Dovette restar a letto circa tre settimane; ed è rimasta debole e patita nella nutrizione e nel colorito. I mesi posteriori hanno anticipato non però in copia eccedente, avendo avuto il riguardo nei giorni del mestruo di restar a letto. Poiché di tempo in tempo si fa sentire un dolore alla regione destra ipogastrica sensibilissima al tatto con flati e risentimento alla schiena verso l'osso sacro, ha desiderato di essere visitata, colla qual esplorazione non ho trovato vizio rimarcabile alla bocca e collo dell'utero, se si eccettui che il labro anteriore della bocca suddetta è più tosto duro, e sembra sottile e quasi tagliente. Io credo cotal vizio di già rimasto nell'ultimo suo parto, che è stato molto laborioso, da cui ne venne il prolasso della vagina. Ultimamente è stata presa dal dolore all'ipogastrio con ruti flati ec. di cui sopra si è detto, el qual dolore si è propagato alla cresta dell'ilio corrispondente alla natica ed alla coscia. La cura ammolliente è stata assai utile. Il mal maggiore è tolto; ma restano a quelle parti dei residui, che inquietano la Sig.ra. Per dir vero essa è assai patita, ed è un poco svenuta nella nutrizione. Mai ha avuto febbre; resta però un polso picciolo, e contratto. Non so il mestruo, come sarà nel vicino ordinario, ma si avrà ad ogni modo l'avvertenza di far star in letto la s[ud]d[etta]. Vi priego di dire sul proposito il parer vostro atteso colla possibile diligenza. Io dirò solamente che non riscontrando vizio alcuno organico, sono inclinato a credere che siccome il male ha cominciato da causa reumatismale, sia forse dalla med[esi]ma mantenuto ancora. I disordini del ventre hanno l'apparenza di colica, ed infatti il sollievo è manifesto dalla esplosione dell'aria. Si rifletta che la Sig. ra è sensibilissima e di animo dilicato, e che gli irritamenti sono successi a patimenti di animo non disgiunti da ira. Servano queste notizie al caro Caldani per dire cose utili al proposito nostro. Questa volta se la scrittura è lunga e sorpassa la spesa ordinaria, sarà supplito attesi gli ordini che sono stati dati opportunamente. Amate chi scrive e credetelo sinceramente qual è e sarà sempre. [senza firma]
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1796 (dopo l'11 aprile, cfr. nota in calce alla trascrizione)
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Tipologia
lettera
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Argomento
[1796] Sign[or] Amico e Pad[ron]e Eccola servita più prestamente che ho potuto delle tre ricerche fattemi nell'ultima sua. Il fanciullo Mocenigo (1) era da molti giorni travagliato da tosse. Il male passò in infiammazione del polmone. Il medico propose il salasso, che non si fece, perché una falsa apparenza di miglioramento diede lusinga di poter risparmiarne il sangue. Nel quinto giorno il fanciullo precipitò. Si chiamò altro medico in consulta. Si notò grandissima sonora difficoltà di respiro, vivissima febbre; ma con polsi picciolissimi sommamente celeri, ed ineguali, talmente che si temé, che il fanciullo perisse nella prossima notte o nel giorno seguente. Non si ebbe ardire di tentar il salasso: si applicarono i vescicanti. Nella mattina del giorno seguente, essendo i polsi un po' migliori, si cavò dalla vena da circa tre oncie di sangue; e parve con qualche sollievo. Nel med[esi]mo giorno fu introdotto in Palazzo il medico franzese il quale si abboccò col medico curante, e definì il male non per quello che veramente era allora, ma per quello che era stato prima, onde chiamollo catarro (almeno vi avesse aggiunto inflammatorio ). Suggerì il tartaro stibiato da darsi ripartitamente a picciole dosi, finché movesse il conato al vomito. Il medico curante disse che ragionerebbe col medico già consultato e fissato alla cura in sua compagnia (col quel medico non si è mai abboccato il franzese). Li due curanti giudicarono che i[l] d[et]to medicamento non era conveniente in eo praesertim rerum statu . Nella notte seguente sopravenne qualche moto convulsivo, e singulto. Nel settimo giorno il Franzese inculcò di nuovo l'emetico. L'Eccel.sso Padre (2) del fanciullo s' espresse coi medici curanti ch'egli ascoltava qualunque suggerimento, ma che voleva che fosse praticato solamente ciò che da loro fosse stimato utile, o almeno non dannoso; e che si rimetteva al loro sapere e alla loro onestà. Non assentirono alla prescrizione dell'emetico. Nell'ottavo giorno il Franzese non si portò alla visita. Nell'ingresso del nono il malato giunse agli estremi. Si consultò un terzo medico de' nostri. Escluse l'emetico ma per una delle solite pedanterie mediche trascorse a dire che se si potrà superare l'istante pericolo, resterà poi a fare questo e questo. Sei ore dopo questa consulta il medico curante conobbe ed avvisò l' Ecc.mo Rappresentante che poche ore di vita restavano al di lui figliolo. Allora fu che disperatamente si richiamò il Francese, il quale non si sa quante ore credesse che restassero di vita, ma è certo che fece ingojare ed applicare per serviziale rimedi stimolantissimi al fanciulletto che era moriente, e che morì dopo tre ore. Il tenente Dalla Bora è Governatore alla Fortezza della Chiusa. È del tutto falso il rumore che ella mi accenna. Il Sig. Brigadier Lorgna è in villa. Mi comandi in cose maggiori. Mi ami e mi creda qual sono e sarò sempre il suo s[ervitore] ed amico Ant.o Manzoni (1-2) cfr. Litta, v. 15, tav. XV: Alvise,11 apr. 1793, morto a Verona 1796. Suo padre Alvise, nato il 10 apr. 1760 morto il 24 dic. 1815.
Mittente
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Date
1795-09-23 (la data si ricava dalla notizia della morte della contessa Lombardi, avvenuta sei mesi e venti giorni dopo l' asportazione della mammella, ai primi di marzo[3/4] , come si dice nella lettera n. 4 dell'11 apr. 1795)
Natura
Originale
Tipologia
lettera
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Luogo
Luogo di spedizione: s.l.
Note al luogo: Verona
Argomento
[1795 set. 23] Sig[nor] A[mico] e P[adron]e Nessuna notizia ho più avuta dalla Nob. Donna Mussati Giustiniani intorno il colocamento del mio figliolo, né io ho voluto per un particolar mio riguardo seccarla con lettera, perché non fosse interpretato il ricordo in malo senso. Ho giudicato che la Dama non ha potuto, per quest'anno almeno, riuscire nella sua impresa e che vorrà riservarsi all'anno venturo, nel quale vi potrà forse essere migliore opportunità. Ella però mi faccia favore, se in questo autunno avesse mai l'occasione di vederla in Padova, di ricordarle le mie premure o impegnarla anticipatamente per l'anno vegnente. Mi pare ch'ella mi abbia detto che incominciandosi la anatomia o pubblica o privata, ch'ella sia, dopo il S. Martino, convenga mandare il giovane prima del S. Martino, e se anche la anatomia non incominciasse in questo tempo, incomincieranno le lezioni di chirurgia, sicché ad ogni modo sarà necessario che il figlio sia costì per il sud[det]to giorno. La priego di significarmi questa cosa con una sua riga. Qui da noi non si parla più di francesi. Dopo la morte del c[onte] Marioni e della contessa Lombardi, a cui, come ella sa, fu amputata una mammella cancerosa e che è morta in sei mesi e venti giorni, sebbene il chirurgo francese avesse per la vita della dama impegnata la vita sua, è diventato così spaventoso cotal nome, che non si propone medico francese se non per gastigo. Noi piangiamo la disgrazia dei sacrificati, ridiamo dei fanatici, che si vegono a prove chiariss[im]e vinti e scornati. Ella intanto stia bene, goda, se può, un buon autunno, che glielo desidero di tutto cuore. Mi continui ad amare secondo il solito e mi creda Il suo div[oti]ssim[o] s[ervitore] ed amico Manzoni
Mittente
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Date
1811-02-16
Natura
Originale
Tipologia
lettera
Altre informazioni
Firma autografa
Note al carteggio
a c. 1v Al Chiarissimo Signore ..Leopoldo M. A. Caldani P[ubblico] P[rofessore] P[rimario] di anatomia e di medicina teorica nella Università di Padova con due libri medici
Luogo
Luogo di spedizione: Verona
Argomento
Di Verona 16 feb. 1811 A[mico] C[aro] Coll'occasione d'un chirurgo, che viene a Padova, vi mando l'operetta del Riboli sull'uso del fuoco, e vi mando pure l'Armamentario chirurgico di Sculteto. Legete il Riboli, e la osservazione 52 di Scultato [sic]. Questi libri potrete rimandarli per lo stesso chirurgo, se gli avrete letti nei pochi giorni, ch'ei resta costà per fare il cimento di pratica chirurgica. I noli me tangere (1) operati da me e da Luigi sono guariti tutti, e vivono sani tuttora. Potete adunque far uso di queste nostre osservazioni liberamente. Ho letto la parte della vostra lettera alla sig. Nina, ad essa riguardante, e vi ringrazia dei dati consigli, che si metteranno a profitto. Se vi piacesse indicare i mezzi corroboranti da voi ricordati in genere solamente, fareste cosa ad essa gratiss[im]a. Intanto ha incominciato il decotto di china, e si passarà anche a qualche tonico marziale secondo le circostanze. Verrà il tempo de' bagni freddi, e passarà poi a far qualche cura alla stagione sotto gli occhi vostri. Mi consola il sentire da alcuni giovani, che vengono a far carnovale a casa loro le laudi somme del nostro Floriano. Già era a me noto il valor suo, e conoscea abbastanza che avrebbe degnamente rimpiazzato il posto del zio. Voi scrivete del fuoco ne'cancri esterni; ed io ho già ultimata una tiritera sul cancro dell'utero. Quante corbellerie avrò io scritte sallo dio nostro Sig[no]re! Ma ciò che è vero, si è che il mio qual[un]que ragionamento và in consonanze di osservazioni, e di fatti anatomichi (?). Scrivo in lungo, perché la lettera è portata da mano amica; così do una qualche soddisfazione a me stesso liberamente senza scrupoli. Luigi vi saluta, e saluta meco Floriano. Vedrò il vostro scritto con piacere non per farvi emenda ma per godere del saper vostro anche prima della stampa. Vi abbraccio Addio il vostro Manzoni L'accluso sonetto a me piacque assai, spero che piacerà a voi pure. (1) Cfr. lettera seguente, datata 19 apr.
Osservazioni
per l'abbreviazione sciolta cfr. indirizzo di lettera del Vallisnieri Aut. B. XXVI. 36: Giovan Battista Bianchi Pubblico Professore nell'Università di Torino
Mittente
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Date
1817-01-20
Natura
Originale
Tipologia
lettera
Altre informazioni
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Note al carteggio
A c. 2 v indirizzo Al chiar.mo Signor il Signor F. Caldani P[ubblico] P[rofessore] di Anatomia Uno dei 40 della Società internazionale delle scienze Socio di molte illustri Accademie Padova
Luogo
Luogo di spedizione: Verona
Argomento
di Verona ai 20 [gen.] dell'ano 1817 A[mico] C[aro], Molti motivi mi muovono a scriverti; e i principali sono questi: il piacere di augurarti l'anno buono, che io ho la permissione di portar questo ufficio tutto il mese di gennaio, secondo di ricordarvi l'affare dell'olio, il quale questo anno essendo l'oliva scarsa, e mal maturata l'olio riesce poco bello, e assai caro, ma ciò vedremo a suo tempo; l'ultimo assai grande di farvi una fervida raccomandazione in favore di un mio buon amico s[p]eziale Sig. Luigi Angeli processato, il qual processo deve essere capitato alle vostre mani. Questo signore ha subito una vessazione per conto di un nostro giovane medico, avendolo accusato alla Pulizia di aver cangiato in muriato di calce quello di barite ordinato dallo stesso ad una sua cliente, perché né l'Angeli, né alcun Farmacista in Verona teneva questo muriato. E notisi che la donna è dal suo male guarita. Può meritare la vostra assistenza questo mio amico, perché non è nato male alcuno dal cangiato rimedio, e non è che sola malevolenza; e spero per la nostra antica amicizia, che l'amico mio per il mezzo vostro avrà del bene, ed io vi sarò grato sommamente. Anzi vi mando anticipate le grazie. Il noto veterinario vi manda i suoi rispetti profondi e pregami che la moglie sua andando di parto il futuro mese di marzo, vogliate anetterlo agli esami il vegnente febbraio; eccetto che non posso camminare bene il resto della salute va bene. Tutti i miei figli vi mandano mille saluti. Addio il vostro Manzoni
Osservazioni
Seconda Dominazione austriaca (20 apr. 1814-18 mar. 1848)
Mittente
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Date
1817-04-27
Natura
Originale
Tipologia
lettera
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A c. 2 v indirizzo Al Chiarissimo Signor Padrone Colendissimo il Signor Dottor Floriano Caldani P[ubblico] P[rofessore] di anatomia ec. Nella imperial R. Università di Padova
Luogo
Luogo di spedizione: Padova
Argomento
Verona, 27 aprile 1817 A[mico] C[aro] Ho avuto il bene di vedere li due medici Prussiani: ma essendo essi venuti alle 3 dopo il mezzogiorno nel momento che io ero a tola (1) non ho possuto prestarmi come avrei desiderato, ne era possibile prestarmi dopo perché partivano la sera di quel istesso giorno. Vi ringrazio che mi abbiate procurata la occasione non di fare la comparsa appresso li medici di uomo di importanza nella mia professione, che valgo assai poco, ma di fare la conoscenza benchè brevissima di due ragazzi assai studiosi. Non vi dimenticate alla prima opportunità, che avrete di farmi avere le bottiglie del noto olio. Vi raccomando anticipatamente il Gambaretti, che studia come un cane, ma non è riuscito di imparar quanto basta per salvarmi il mio cavallo, che mi era assai caro, e faceva il mio interesse. Pazienza come è quello dei medici, tale è anche il destino de' veterinari. I miei figli vi salutano. Datemi le nuove, se ne avete, di vostra Università. Addio il vostro A. Manzoni (1) tola, tavola cfr. Giorgio Rigobello. Lessico dei dialetti del territorio veronese. Verona, 1998
Mittente
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Date
1817-06-30
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lettera
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Note al carteggio
A c. 2 v indirizzo Al Chiarissimo Signor il Signor Dottor Floriano Caldani P[ubblico] P[rofessore] di Anatomia ec. Nella R. Imperial Università di Padova
Luogo
Luogo di spedizione: Verona
Argomento
Di Verona l'ultimo di giugno 1817 Il Signor conte Leandro Giusti è la persona da cui riceverete queste due mie righe. Egli vi narrarà la storia di un suo male. Ascoltatelo attentamente, esaminatelo e dategli il savio vostro consiglio. Se avrà bisogno di coteste terme da voi credute necessarie, egli farà tutto. Ve lo raccomando, e non temo delle vostre diligenze quando sappiate ch'egli è mio Padrone, e dolcissimo amico. Cosa io pensi di lui, lo tengo in me. Leggerete uno scritto del suo medico a tempo e luogo. Questa mattina ho avuto una vostra lettera. Ho inteso il tutto. Questi Marascalchi, lasciate che io il dica, che non sanno leggere, né scrivere, niente intendono degli ordini che si emanano. Ho avuto dal Gambaretta una lettera. Me ne consolo, e sono a voi molto obbligato. Vi ringrazio di ogni cosa. Li miei figli vi salutano. Addio Il vostro A[ntoni]o Manzoni
Osservazioni
per l'abbreviazione cfr. indirizzo di lettera del Vallisnieri Aut. B. XXVI. 36: Giovan Battista Bianchi Pubblico Professore nell'Università di Torino
Mittente
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Date
1817-08-30
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Luogo di spedizione: Verona
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Verona alli 30 agosto 1817 A[mico] C[aro] Di molte cose debbo pregarvi. Voi troverete qui unite due lettere che farete il piacere di farle avere a chi spettano . Vi sarete tolto da questo tal disturbo, se il dottor Basilea, cui avrei data la briga della consegna non fosse mezzo ammalato, pel qual oggi si porta a Padova per tentar di recuperarsi. Vi prego di consolarlo, e di fare a lui le attenzioni che potete, che saranno come fatte a me medesimo. Ho piacere che il conosciate da vicino, e che vi trattiate e spero che non sarete scontento. È un uomo di buon criterio, di sana pratica, la quale ei sa mettere a profitto nelle occasioni. Tale io l'ho conosciuto, e per tale è considerato dagli uomini di criterio, e non infatti dalle eresie che corrono al giorno d'oggi. Siamo in settembre. Ditemi, venite voi a Verona? Andremo noi alle nostre colline? Io nutro questa speranza che vi credete che si verificasi. Li miei figli vi salutano i quali hanno di voi la considerazione giustamente meritata. Vogliatemi bene, e tenetemi per il vostro cordiale amico Manzoni
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Date
1817-10-28
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Note al carteggio
A c. 1 c Al Chiarissimo Signore Padrone colendissimo il Signor dottore Floriano Caldani P[ubblico] P[rofessore] di Anatomia umana nella Regia Imperial Università di Padova
Luogo
Luogo di spedizione: Verona
Argomento
Verona 28 ottobre 1817 A[mico] C[aro] È passato l'autunno senza che ci siamo potuti vedere ed abbracciare . Questa fu per me mala fortuna: riserviamoci a miglior occasione se Dio vi lascierà vita bastevole a goder di questi beni di amicizia. Delle cortesie praticate al dottor Basilea vi rendo grazie molte e certamente voi non avete mancato ed ei le ricorda sempre e confessa moltissime obbligazioni. Il povero amico si trova a letto incomodato da dodici o quattordici giorni, avendo sofferto uno stringimento ed oppressione di respiro con tosse violenta, che ha creduto di morire. Questa mattina l'ho io visitato; è da due giorni che si trova star peggio per oppressione e palpitazione di cuore; non potete credere quanta sia la tristezza e la malinconia da cui è preso, traendo opinione di aver vizio organico al cuore. Ma forse li suoi timori sono troppo esaggerati, come sogliono essere quegli degli ipocondriaci, tra i quali egli occupa i primi posti. Dio voglia ch'egli s'inganni, siccom'io spero. Anch'io sono dai 5 del corrente che sono alla camera e al letto per un'abbattimento di forze accresciuto da un momento all'altro. Spero di migliorare colla quiete e il riposo cessando dagli affari dell'arte. Luigi supplisce bene e ciò mi è di grande conforto. Che che sia vi prego di continuarmi la vostra amicizia e il vostro amore. Luigi vi manda mille saluti uniti alli miei. State certo che io vi stimo, e vi amo; e non lascierò mai di meritar di non essere il vostro Manzoni
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per l'abbreviazione cfr. indirizzo di lettera del Vallisnieri Aut. B. XXVI. 36: Giovan Battista Bianchi Pubblico Professore nell'Università di Torino
Mittente
Altri nomi legati al carteggio
Date
1817-11-22
Natura
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lettera
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Note al carteggio
A c. 1 v Al Chiarissimo Signore il Signor Dottor Floriano Caldani P[ubblico] P[rofessore] di Anatomia. Uno dei 40 della Società Italiana Membro di molte illustri Accademie. Padova
Luogo
Luogo di spedizione: Verona
Argomento
Verona 22 nov. 1817 A[mico] C[aro] Eccomi alle solite. Un signore mio grande amico a Padova mi scongiura di pregarvi di informarvi; e ciò che si brama sapere risguarda ad un soggetto che trovasi in questo preciso stato, che da me si espone sinceramente. Si tratta di un valente maniscalco, illeterato, il quale ha un figlio che sa leggere e scrivere dal padre stesso condotto nelle visite ove occorre scrivere. Ricercasi adunque se venendo a Padova per farsi autorizzare nella veterinaria e se corrispondendo bene alle prove dell'esame, possa avere fondata speranza di essere ammesso, quantunque illetterato, avuto riflesso al figlio, che supplisce alla mancanza del padre. Vi raccomando questo affare col maggior impegno trattandosi di servire un mio Padrone e Amico. Vi prego di rispondere con sollecitudine e premurosamente. Non dubito che ciò che da voi non si faccia per la molta amicizia, che avete per me. So' quanto valete singolarmente in cosa da voi conosciuta. Rinovo le mie raccomandazioni. La mia famiglia vi manda meco mille saluti. Vogliatemi bene, e comandatemi in guisa che per voi qualche cosa facendo, si alegerisca il peso delle mie grandi obbligazioni. Assicuratevi, che io sono al solito il Vostro A[ntoni]o Manzoni
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per l'abbreviazione cfr. indirizzo di lettera del Vallisnieri Aut. B. XXVI. 36: Giovan Battista Bianchi Pubblico Professore nell'Università di Torino)
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1817-03-29
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lettera
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Luogo di spedizione: Verona
Argomento
Verona 29 mar. 1817 A[mico] C[aro], Quello che ho fatto in altre occasioni di mandar olio da Verona a Padova, ho fatto lo stesso anche in questo incontro. Mandai l'olio per mezzo di un spedizioniere, che lo diresse ad un altro spedizioniere di costì, il quale lo fece avere alla persona cui io l'avea diretto e tutto andò bene. Essendo per fatal combinazione mancato l'antico mio amico, ad altro mi rivolsi e fu il signor Girolamo Biondina notissimo galantuomo, il quale procurò la spedizione per il Signor Pietro Bocalari grande galantuomo e signore e questo certamente avrà diretto l'olio a persona sicura, molto più perché sapea, che tal spedizione era premura mia, onde per tante ragioni io dovea tenermi sicuro, che tutto andasse a dovere. Quanto alla spesa io vi avea innanzi prevenuto che sarebbe stata grave, e pesante ma voi su su questa non avevate fatta difficoltà alcuna, quindi io non mi sono tenuto in dietro e con premura ho cercato di far la provista, e la spedizione. Mi duole di sentire che voi non siete contento e mi duole molto. Coll'incontro di alcuni di cotesti studenti mandatemi una bottiglia dell'olio speditovi per mia regola e norma. Di cotesta signora contessa Zabarella intendo da voi, che si prepara una intumiscenza di indole forse suppuratoria. Questo è appunto ciò che ho temuto. Mi rincresce, che non siate voi alla cura, che potrei intendere chiaro e netto il corso del male che mi par minaccioso. Nel mio scritto ne ho fatto cenno. La mia famiglia vi manda mille saluti e con me un felice alleluja. Il K.r Assalini è stato a Verona il che intesi dal Signor Montagna, che è stato a vederlo: io non l'ho veduto. Addio
Osservazioni
per l'abbreviazione sciolta cfr. indirizzo di lettera del Vallisnieri Aut. B. XXVI. 36: Giovan Battista Bianchi Pubblico Professore nell'Università di Torino)
Autore della scheda
Carla Giunchedi
Ultima modifica
Carla Giunchedi
Tipologia
Scheda di prima mano
Data di creazione
09/02/2013
Ultima modifica
06/02/2015
Numero di inventario
816336
CNMS
CNMS\0000153003
Biblioteche Dettaglio
Biblioteca nazionale Braidense - Milano