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Codice CNMF
CNMF0000001486
Storia del fondo
Fondo autonomo nell’ambito delle raccolte della Biblioteca Nazionale Centrale di Firenze, il Banco Rari ne costituisce in una certa misura la ‘riserva’; raccoglie cioè quanto di più prezioso è stato selezionato all’interno dei diversi fondi dai bibliotecari nel corso dei secoli XIX e XX. Le origini del Banco Rari sono da ricercare nella Biblioteca Magliabechiana. Qui, in un armadio all’interno di una stanza contrassegnata col numero 17, era conservata una cinquantina di libri a stampa, tra cui 40 incunaboli, per lo più esemplari membranacei, copie di dedica, miniate o postillate. Già in Magliabechiana si cominciarono ad aggiungere progressivamente a questo nucleo altri libri di particolare pregio, anche manoscritti. L’incremento sistematico risale però probabilmente a un momento di poco successivo al 1861, cioè all’anno in cui la Magliabechiana, unita alla Biblioteca Palatina, costituì la Biblioteca Nazionale del neonato Stato italiano. L’iniziativa di istituzionalizzare una ‘riserva’ che potesse rappresentare allo stesso tempo un ‘museo della cultura scritta’ della Nazione risale verisimilmente al prefetto Giuseppe Canestrini (1807-1870); il suo braccio operativo in questa impresa fu il bibliotecario Giunio Carbone (1805-1881), dal 1863 assistente per i manoscritti. Questi, tra il 1864 e il 1871, compilò il primo inventario del fondo (Inventario del Banco, ms., [Firenze, Biblioteca Nazionale Centrale, Sala manoscritti e rari, Cataloghi 12a]), procedendo allo stesso tempo alla scelta dei pezzi, estratti dai vari fondi della Biblioteca (Magliabechiano, Fondo Nazionale, Palatino, Palatino Capponi, Palatino Baldovinetti, Palatino Gråberg, Palatino De Sinner). Il Banco era suddiviso in dieci armadi, ciascuno articolato in tre palchetti (facevano eccezione gli armadi 4-6, 9, costituiti da due palchetti) e le unità bibliografiche ivi conservate erano segnate con tre cifre arabe: la prima corrispondeva al numero dell’armadio, la seconda a quello del palchetto, la terza al posto occupato dal volume all’interno del palchetto stesso. Lo stesso Carbone riportò generalmente sulle guardie dei singoli esemplari la segnatura loro assegnata. In casi specifici, come quello della cassetta con gli autografi leopardiani, si preoccupò di redigere inventari più dettagliati, che si conservano allegati ai singoli pezzi (v. Banco Rari 342.1).
Carbone fu trasferito alla Biblioteca Riccardiana nel 1879. Nella gestione del fondo gli subentrò quindi Bartolomeo Podestà, direttore della Sezione manoscritti a partire dal 1882. Questi modificò l’ordinamento del fondo e lo incrementò ulteriormente, perseguendo l’obiettivo della creazione di una ‘raccolta de’ codici e libri più curiosi e rari per antichità, bellezza di miniature e altra ragione bibliografica e storica’ (Firenze, Biblioteca Nazionale Centrale, Archivio Storico della Sezione manoscritti, Carte Chilovi, materiale da ordinare). Podestà intervenne direttamente sull’inventario di Carbone, apportando in un primo momento aggiunte al contenuto dei diversi palchetti; in una seconda fase, iniziò a riscrivere di sana pianta la sezione dell’inventario corrispondente al contenuto degli armadi 6-10, interrompendosi però dopo aver descritto il palchetto 2 dell’armadio 9. Sul ‘Banco’, collocato allora nella Sala di Galileo della sede del Palazzo dei Giudici, non si sarebbe più intervenuti per alcuni anni.
Il capitolo successivo della storia del fondo si lega ai nomi di Giulio Cesare Teloni (1857-1943), direttore della Sezione manoscritti dal 1904, e di Teresa Lodi (1889-1971), sottobibliotecario presso la Sezione stessa dal 1914. A Teloni si devono il parziale completamento del lavoro lasciato interrotto da Podestà, nonché buona parte degli inventari a schede del Banco Rari, alfabetico e topografico, probabilmente nato in quel periodo e tuttora in uso (Uff. Mss., Cassette 1 e 40). Di mano della Lodi è un nuovo inventario a volume del fondo, che sostituì quello di Carbone e Podestà (Inventario del Banco Rari della Biblioteca Nazionale Centrale di Firenze, ms., 1914-1916 [Firenze, Biblioteca Nazionale Centrale, Sala manoscritti e rari, Cataloghi 12b]). Nell’inventario Lodi la struttura delle segnature delle diverse unità bibliografiche resta quella pensata a suo tempo da Carbone, con tre cifre, una per l’armadio, una per il palchetto, una per la posizione. Tale ordinamento sarebbe però durato ancora per poco. Il 27 maggio 1916 i volumi furono riscontrati dalla Lodi stessa e dal distributore Dino Scaffai: dai risultati di questa ricognizione si apprende che nel nuovo deposito nel quale erano stati frattanto collocati essi avevano già il numero di catena ancora in uso. Proseguiva comunque l’incremento del fondo: alla Lodi si deve l’aggiunta degli esemplari segnati Banco Rari 353-363.
In maniera sempre più rarefatta tale politica è proseguita anche negli anni seguenti, mentre sono entrati direttamente a far parte del Banco Rari acquisti di pregio eccezionale come il primo volume dell’Offiziolo visconteo Banco Rari 397, comprato nel 1969, e i Sermones in primam divi Ioannis Epistolam autografi di Girolamo Savonarola Banco Rari 398, acquisiti nel 1995. Il fondo è stato definitivamente chiuso nel luglio 1999, con l’inserimento delle cosiddette Ceneri di Dante Banco Rari 399, rimaste fino a quel momento senza collocazione. Ne fanno dunque parte attualmente 158 manoscritti (comprese le stesse Ceneri, otto raccolte di disegni – cioè gli acquerelli cinesi Banco Rari 73-78, 350 e gli schizzi di Stefano Della Bella Banco Rari 340 –, un insieme di frammenti di legature antiche, Banco Rari 352 e dodici raccolte di lettere e carte, Banco Rari 56-65, 342, 348), 58 incunaboli, 100 cinquecentine, 34 edizioni del sec. XVII, 18 edizioni del sec. XVIII, 16 del XIX, una del XX e 11 raccolte di incisioni. A questi è da aggiungere un cospicuo gruppo di opuscoli a stampa, per lo più sacre rappresentazioni, dal sec. XV al sec. XVII, conservati sotto le segnature Banco Rari 179-189.

Strumenti di accesso generale al Banco Rari sono gli inventari a schede, alfabetico e topografico (Uff. Mss., Cass. 1 e 40), nonché gli inventari di Giunio Carbone (Inventario del Banco, ms., [Firenze, Biblioteca Nazionale Centrale, Sala manoscritti e rari, Cataloghi 12a]) e Teresa Lodi (Inventario del Banco Rari della Biblioteca Nazionale Centrale di Firenze, ms., 1914-1916 [Firenze, Biblioteca Nazionale Centrale, Sala manoscritti e rari, Cataloghi 12b]).
I manoscritti sono censiti in questa base dati: se ne forniscono almeno le antiche segnature (tanto quelle degli inventari Carbone e Lodi, quanto quelle nel fondo di provenienza) e una bibliografia. Le edizioni del sec. XV sono descritte da Piero Scapecchi, Catalogo degli incunaboli della Biblioteca Nazionale Centrale di Firenze, Firenze, Nerbini, 2017.
Le edizioni dei sec. XVI-XX sono descritte nel catalogo generale della Biblioteca (opac.bncf.firenze.sbn.it). Maggiori dettagli sulla storia del fondo si trovano in Susanna Pelle, Banco rari, in I manoscritti datati della Biblioteca nazionale centrale di Firenze, III. Fondi Banco rari, Landau Finaly, Landau Muzzioli, Nuove accessioni, Palatino Baldovinetti, Palatino Capponi, Palatino Panciatichiano, Tordi, a cura di Susanna Pelle, Anna Maria Russo, David Speranzi e Stefano Zamponi, Firenze, SISMEL Edizioni del Galluzzo, 2011, pp. 3-10.
Sono accessibili in linea attraverso la Teca BNCF e la collezione BNCF di archive.org o attraverso le singole schede in Manus Online le digitalizzazioni integrali dei seguenti manoscritti: Banco Rari 18-19, 22-23, 29, 32, 38, 41-44, 50, 55, 69, 197-206, 215, 217, 221, 228, 231-232, 234, 338, 397.
Nella Teca BNCF sono disponibili anche le digitalizzazioni dei seguenti libri a stampa: Banco Rari 8-10, 89, 104, 140, 179.8, 188.a-b, 189.b-c, 189.h, 189.l, 189.n, 189.p-q. 365, 370-373.
Attraverso l’OPAC BNCF si reperiscono le digitalizzazioni dei seguenti libri a stampa: Banco rari 133, 151-152, 167, 248, 284, 381.
David Speranzi
Manoscritti appartenenti al fondo
158
Segnature registrate in Manus
212
Schede in lavorazione
25
Schede pubblicate
Biblioteca