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Storia del fondo
Il fondo Trivulziano, conservato oggi presso l'Archivio Storico Civico e Biblioteca Trivulziana, comprende buona parte dei manoscritti raccolti dalla famiglia Trivulzio nel corso dei secoli. Il fondo contribuisce dunque a documentare i personali interessi collezionistici dei membri di una delle più note famiglie milanesi tra il Quattrocento e i primi del Novecento.
Nelle raccolte attuali è infatti possibile individuare codici appartenuti ai Trivulzio già alla fine del XV secolo, in particolare legati al nome di Gian Giacomo Trivulzio detto il Magno (ad esempio il Trivulziano 2154), ma anche ad altri membri della famiglia come Renato Trivulzio (ad esempio il Trivulziano 2150).
La vera e propria costituzione delle raccolte, tuttavia, si ebbe a metà del Settecento e si lega strettamente al nome di due fratelli: Alessandro Teodoro Trivulzio (1694-1763) e don Carlo Trivulzio (1715-1789).
Ad Alessandro Teodoro si deve in particolare l'acquisto tra il 1749 e il 1752 di un gruppo di codici di pregio della Biblioteca della Fabbrica del Duomo, tra cui si annoverano volumi provenienti dalle collezioni personali di illustri umanisti quattrocenteschi. Dalla raccolta dell'umanista aretino Giovanni de Bonis entrarono così in casa Trivulzio i componimenti metrici autografi dello stesso de Bonis raccolti nei manoscritti Trivulziani 675 e 860, accanto ad altri volumi comunque di suo pugno contenenti il poema Iohannidos di Flavio Cresconio Corippo (Trivulziano 686) e le Epistolae metricae di Petrarca (Trivulziano 1014). Dalla collezione di volumi un tempo appartenuti a Francesco Filelfo giunsero invece altri pezzi di gran pregio contenenti opere dell'umanista, tra cui in particolare il codice Trivulziano 873 con lo straordinario epistolario greco e latino allestito sotto la diretta supervisione dell'autore. Allo stesso fortunato acquisto andranno ricondotti anche il celebre breviario ambrosiano noto come Beroldo (Trivulziano 2262), copiato nel 1396 da Andriolo de' Medici di Novate per la Fabbrica del Duomo di Milano e successivamente miniato da Giovannino e Salomone de' Grassi, oltre ad un imponente manoscritto cartaceo delle Tragedie di Seneca datato al 1386 (Trivulziano 807) e alla Leggenda Aurea di Jacopo da Varazze (Trivulziano 503).
Don Carlo diede a sua volta grande impulso allo sviluppo delle raccolte. Fu appassionato raccoglitore, ma anche studioso dei volumi che acquisì. Su molti di essi si trovano infatti note storiche o filologiche di sua mano. Don Carlo rivolse il suo interesse soprattutto ai codici liturgici, ma si appassionò molto anche di letteratura in volgare delle origini. A lui si deve l'acquisto del famoso Trivulziano 1094, l'unico manoscritto conservato fino al giorno d'oggi che contenga per intero i tre libri dell'Orlando Innamorato del Boiardo. A don Carlo Trivulzio si deve anche lo straordinario acquisto intorno al 1750 del notissimo Libretto d'appunti di Leonardo da Vinci, che l'erudito riuscì a ottenere in cambio di un orologio d'argento a ripetizione comprato usato un paio di anni prima. Si tratta di un volumetto cartaceo di piccole dimensioni su cui Leonardo appuntò tra il 1487 e il 1493 circa, nella sua caratteristica corsiva da destra verso sinistra, lunghe liste di vocaboli, oltre a interessanti disegni a penna che raffigurano studi di fisiognomica, schizzi architettonici per il Duomo di Milano e schemi di macchine belliche.
Le collezioni di Alessandro Teodoro e don Carlo Trivulzio furono entrambe ereditate dal solo Giorgio Teodoro Trivulzio (1728-1802), che riunì per alcuni anni l'intera biblioteca di famiglia. Alla sua morte, però, il patrimonio tornò ad essere diviso tra i suoi due figli Gian Giacomo e Gerolamo Trivulzio. L'inventario di divisione dei beni tra i due fratelli, redatto nel 1816 dall'abate Mazzucchelli, assegnava a ciascuno di loro un lotto di 724 manoscritti.
L'eredità di Gerolamo, morto nel 1812, passò dapprima alla figlia Cristina, nota come Cristina Belgiojoso per aver sposato Emilio Barbiano di Belgiojoso, e poi alla nipote Maria, che a sua volta sposò Ludovico Trotti Bentivoglio. Nel corso degli anni il lotto si impoverì in seguito a una serie di vendite tra cui spicca quella di circa 124 manoscritti da parte dei coniugi Trotti alla libreria Hoepli nel 1885. Nel 1907 Ludovico Trotti Bentivoglio donò i codici rimasti, all'incirca 443, alla Biblioteca Ambrosiana, dove oggi costituiscono il fondo Trotti.
La storia del fondo Trivulziano proseguì dunque con Gian Giacomo Trivulzio (1774-1831), che ampliò le raccolte della biblioteca di famiglia attraverso una capillare campagna di acquisti. Gian Giacomo privilegiò in particolare i codici della letteratura italiana delle origini di cui era appassionato. Nel 1804 acquistò infatti la biblioteca del petrarchista fiorentino Baldelli-Boni. Nel 1806 acquisì invece a Padova alcuni codici della libreria Volpi, tra cui il Trivulziano 1015, un bellissimo esemplare miniato contenente Rime e Trionfi di Petrarca, a cui affiancò nel 1808 un altro pregevole esemplare delle Rime e Trionfi (Trivulziano 905) comperato a Firenze dal Molini. Gian Giacomo rivolse grande attenzione anche alla raccolta delle opere di Dante. Alla morte del pittore Giuseppe Bossi (”  1815), riuscì ad acquistare alcuni dei suoi preziosi codici danteschi, tra cui ricordiamo un esemplare membranaceo della Commedia classificato tra i “Danti del Cento” (Trivulziano 1077), un secondo esemplare della Commedia contenente solo le prime due cantiche (Trivulziano 1076), una Vita Nuova e Rime diverse datato al 1425 (Trivulziano 1058), una raccolta di Rime di Dante e Petrarca della fine del XIV secolo (Trivulziano 1091) e una Vita di Dante del Boccaccio datata al 1437 (Trivulziano 80). Tra il 1806 e il 1815, in seguito alle soppressioni dei conventi e delle corporazioni religiose in Veneto, Gian Giacomo portò avanti un'altra notevole campagna di acquisti. Entrarono così a far parte delle raccolte Trivulzio un De vulgari eloquentia dantesco già appartenuto ai Padri Somaschi e prima ancora al Trissino (Trivulziano 1088) e un altro codice sempre proveniente dai Padri Somaschi, l'attuale Trivulziano 910, un esemplare membranaceo del XV secolo de La bella mano di Giusto de' Conti. A Gian Giacomo Trivulzio si deve anche l'acquisto del preziosissimo codice Trivulziano 1080, che tramanda uno dei testi più antichi e autorevoli della Commedia dantesca. Il manoscritto membranaceo, iscrivibile nel gruppo dei cosiddetti “Danti del Cento” per l'aspetto grafico e decorativo, fu trascritto nel 1337 a Firenze da Francesco di ser Nardo da Barberino in una elegante cancelleresca, a cui si accompagnano superbe miniature e illustrazioni attribuite al Maestro delle Effigi Domenicane. In seguito il volume migrò in area veneta, dove probabilmente rimase fino agli inizi dell'Ottocento, quando il marchese Trivulzio riusci ad entrarne in possesso, documentandone l'acquisto nell'autografo Trivulziano 2061.
La biblioteca Trivulzio, arricchita dalle acquisizioni di Gian Giacomo senior, passò al figlio Giorgio Teodoro (1803-1856), che sposò nel 1831 la fiorentina Marianna Rinuccini. Della sua dote faceva parte un interessante lotto di manoscritti appartenenti alla famiglia da generazioni, tra cui il resoconto del viaggio al Santo Sepolcro intrapreso nel 1474 dal frate Alessandro Rinuccini (Trivulziano 82).
L'intera raccolta fu in seguito ereditata dal figlio Gian Giacomo Trivulzio (1839-1902), che dal 1885 acquisì il titolo di principe di Musocco con cui è solitamente ricordato. Gian Giacomo Trivulzio di Musocco ebbe il grande merito di incrementare le raccolte dantesca e petrarchesca e di aprire la biblioteca agli studiosi, affidandone la conduzione a Giulio Porro prima, a Carlo Ermes Visconti ed Emilio Motta poi. Nel 1864 Gian Giacomo Trivulzio sposò Giulia Amalia Barbiano di Belgiojoso, che portò in dote - oltre a più di 25000 volumi a stampa e a un importante fondo d'archivio con 309 cartelle di documenti e circa 1800 pergamene - anche un ricchissimo lotto di 634 manoscritti, molti dei quali estremamente antichi e preziosi. Tra i manoscritti della dote Belgioioso andranno almeno ricordati il più antico manoscritto posseduto oggi dalla Biblioteca Trivulziana, contenente un'epitome delle Constitutiones giustinianee databile alla fine dell'VIII secolo (Trivulziano 688), una raccolta di Epistolae di illustri umanisti quattrocenteschi (Trivulziano 643), una Rhetorica ad Herennium di Cicerone dedicata ad Ascanio Maria Sforza (Trivulziano 772) e una Pharsalia di Lucano allestita nel 1456 dal copista Raffaello nel carcere del castello di Mantova per Ludovico II Gonzaga (Trivulziano 692), il De nobilitate di Poggio Bracciolini (Trivulziano 777) e il Canzoniere di Gasparo Visconti per Bianca Maria Sforza (Trivulziano 1093), oltre ad alcuni manoscritti contenenti testi e documenti relativi alla storia di Milano durante il periodo visconteo-sforzesco (Triv.1327, Triv.1383, Triv.1385, Triv.1438, Triv.1325). Con il matrimonio pervenne in Trivulziana anche il bel manoscritto membranaceo dei Voyages di Jean de Mandeville (Trivulziano 816), trascritto nel 1396 dal chierico francese Richart Hemon e poi miniato probabilmente in ambito pavese imitando modelli decorativi francesi.
Il ricchissimo patrimonio delle raccolte Trivulzio e Belgiojoso fu ereditato dal nipote di Gian Giacomo Trivulzio di Musocco, che però nel 1926 le vendette al proprio padre Luigi Alberico Trivulzio. Luigi Alberico si occupò con passione della biblioteca di famiglia, cercando di rientrare in possesso almeno dei codici più belli alienati nei secoli precedenti. Nel 1905 riuscì ad esempio a ricomprare presso Hoepli il Messale di Civate (Trivulziano 2294), un manoscritto membranaceo della fine dell'XI secolo arricchito da notazioni musicali, di sicuro impianto scrittorio e decorativo lombardo. Il volume era già stato acquistato da don Carlo Trivulzio, ma nella spartizione degli inizi dell'Ottocento era toccato prima a Gerolamo e poi alla figlia Cristina Belgiojoso, che lo aveva venduto sul mercato antiquario.
Nel 1935 Luigi Alberico Trivulzio trattò la vendita delle raccolte d'arte e della biblioteca di famiglia con il Comune di Torino, ma la pronta e animata reazione dell'opinione pubblica milanese portò all'acquisto dell'intero patrimonio da parte del Comune di Milano. Il Comune di Torino fu risarcito per il mancato acquisto con due esemplari, uno per ciascuna collezione, entrambi attualmente conservati al Museo Civico d'Arte Antica di Palazzo Madama: il celebre Ritratto d'uomo di Antonello da Messina e il frammento noto come Heures de Turin-Milan (ex Trivulziano 2166, attualmente inv. 467/M).
La biblioteca dei Trivulzio fu annessa dunque nel 1935 al preesistente Archivio Storico Civico, che occupava già dal 1902 le sale al secondo e terzo piano del cortile della Rocchetta al Castello Sforzesco.
Durante la seconda guerra mondiale anche i manoscritti del fondo Trivulzio patirono gli eventi bellici. Nonostante quasi tutti i codici fossero stati trasferiti dal 1940 in rifugi a Sondalo e S. Angelo Lodigiano, i pochi rimasti in sede per ragioni di studio e di ricerca andarono distrutti durante un'incursione aerea dell'agosto del 1943.
Terminata la guerra, dal 1950 tutti i materiali superstiti dell'Archivio storico civico e Biblioteca Trivulziana furono trasferiti al piano terra del cortile della Rocchetta al Castello Sforzesco, dove tuttora si trovano.
Manoscritti appartenenti al fondo
0
Segnature registrate in Manus
1203
Schede in lavorazione
45
Schede pubblicate
Biblioteca