Nacque a Venezia nel 1470. Il padre Bernardo, uomo politico, gli permise di seguirlo nei suoi affari politici anche se la sua grande aspirazione erano gli studi umanistici. Da Costantino Lascaris ottenne un esemplare della grammatica greca e la prestò ad Aldo Manuzio a quel tempo stampatore a Venezia, tra i due nacque un'importante amicizia poichè Manuzio stampò la prima opera del Bembo: il De Aetna. Nel 1497 si trasferì a Ferrara dove entrò a contatto con il vero ozio letterario cortigiano. Qui conobbe Ercole Strozzi, il quale fu importante per la stesura della sua opera più famosa, Le Prose della volgar lingua; conobbe inoltre Ludovio Ariosto. Avvicinandosi al volgare, scrisse gli Asolani (1505), curò le edizioni aldine del Canzoniere di Petrarca e la Commedia di Dante. Nel 1525, Bembo pubblicò le Prose della Volgar Lingua, opera dedicata a Clemente VII. Va detto che dal marzo 1513, Bembo iniziò ad offrire i suoi servigi di umanista al papa, diventando suo epistolografo in latino. Dedicò ai vari papi le sue opere più importanti tra cui la raccolta di brevi ciceroniani. Nel 1538 divenne cardinale, nonostante il carattere altamente profano della sua produzione letteraria. Bembo, dal punto di vista linguistico, fu colui che individuò la soluzione vincente per la questione della lingua e cioè quella della unitarietà linguistica: l'unificazione doveva avvenire solo tenendo conto delle opere letterarie antecedenti e illustri ossia il Canzoniere di Petrarca per la poesia mentre per la prosa il Decameron di Boccaccio. L'esigenza di uniformità era richiesta anche dall'industria della stamapa, che a quel tempo si stava diffondendo velocemente. L'imitazione libresca delle tre corone promossa da Bembo era praticabile: dalle loro opere, erano già in corso osservazioni e studi che portavano a costruire una grammatica chiara e univoca, caratteristica fondamentale che una lingua deve avere. Tutto ciò è spiegato nella sua opera Prose della volgar lingua ritenuto suo capolavoro. Morì a Roma nel 1547.
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